Neurodiritti, come tutelare la sfera mentale dalle ingerenze tecnologiche. L’intervista a Marcello Ienca

In un'era di grandi cambiamenti e trasformazioni (si veda l'intelligenza artificiale generativa) i neurodiritti diventano lo strumento più potente per difendere il nostro io interiore, la nostra personalità. Ne abbiamo parlato con il professor Marcello Ienca dell'Università di Monaco

Essere in grado di esercitare un controllo cosciente sui propri stati mentali, proteggere la dimensione cognitiva da nuove forme di sfruttamento, difendere la sfera emotiva da applicazioni eccessivamente ingerenti 

Servono a tutto questo, e non solo, i neurodiritti. Ne abbiamo e ne avremo sempre più bisogno, visto l’avanzare della tecnologia e dell’intelligenza artificiale. Ne abbiamo parlato con uno dei massimi esperti, Marcello Ienca, professore di Etica dell'Intelligenza Artificiale e Neuroscienze e Vicedirettore dell'Istituto di Etica e Storia della Medicina dell'Università Tecnica di Monaco (TUM).

Attualmente Ienca è a capo del gruppo di lavoro sulla neuroetica dell'International Brain Initiative ed è membro del Board della Società internazionale di Neuroetica. È inoltre uno dei 24 esperti internazionali nominati dal Direttore Generale dell'UNESCO come membri del Gruppo di Esperti ad hoc (AHEG), incaricato di redigere la prossima Raccomandazione sull'Etica delle Neurotecnologie. Ha collaborato come esperto con il Comitato Consultivo del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani durante lo sviluppo del rapporto relativo alla proposta di risoluzione sulle neurotecnologie ed è stato autore di diversi rapporti su neurotecnologie e diritti umani per incarico del Consiglio d'Europa.

neurodiritti

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“I neurodiritti – afferma Marcello Ienca - sono, molto semplicemente, quel sottoinsieme di diritti umani concernente la sfera della mente, del cervello, della persona. E si basa su un'osservazione molto semplice, ovvero che la dimensione del cervello, della mente, della persona racchiude tutte quelle facoltà cognitive affettive, quindi le nostre emozioni, i nostri pensieri, le nostre memorie, che rappresentano il fondamento sostanziale dell'essere umano, tutto quello che ci rappresenta in quanto persone”.

Privacy mentale, continuità psicologica, integrità mentale, libertà cognitiva. Sono questi i quattro neurodiritti fondamentali di cui parla il professor Ienca nelle sue ricerche, pubblicate su riviste accademiche come Neuron, Nature Biotechnology, Nature Machine Intelligence e Nature Medicine, oltre che su media come Nature, The New Yorker, The Guardian, The Times, Die Welt, The Independent e Financial Times. “Parliamo direttamente di proteggere il pensiero nella sua base, nel suo fondamento neurobiologico – sottolinea il ricercatore - e quindi significa, ad esempio, evitare usi coercitivi delle tecnologie o di essere obbligati ad avere la propria attività cerebrale monitorata sul posto di lavoro”.

Privacy mentale “significa sostanzialmente proteggere le informazioni mentali che sono, dal mio punto di vista, quelle più sensibili di tutte, perché riguardano i nostri pensieri. E i nostri pensieri sono sostanzialmente l'ultimo rifugio della sfera privata, perché sono protetti anche quando noi esibiamo, tramite il comportamento, le espressioni facciali, la parola o condividiamo dati con il mondo esterno”.

L'uso responsabile delle neurotecnologia può portare grandi benefici su scala mondiale per quanto riguarda il diritto alla salute: “Non dimentichiamoci che una persona su tre svilupperà almeno un disturbo neurologico, una su due almeno una malattia psichiatrica. Significa sostanzialmente proteggere la salute della persona nella sua complessità olistica. Sicuramente i neurodiritti sono alla ribalta del dibattito politico internazionale perché per la prima volta nella storia dell'umanità abbiamo delle tecnologie che sono in grado non solo di simulare o emulare il comportamento e l'intelligenza umana, ma addirittura di connettersi ad essa tramite le interfacce cervello-macchina. Il progresso tecnologico in questi settori è rapidissimo e per la prima volta nella storia dell'umanità è possibile analizzare digitalmente il funzionamento del cervello ed estrarne informazioni tramite algoritmi di intelligenza artificiale.

I neurodiritti ci salveranno da una società distopica? “Sì, potranno salvarci da una società distopica se sviluppate in modo coerente dal punto di vista giuridico, filosofico e implementati in modo equo da un punto di vista politico. Non c'è un determinismo tecnologico: se la tecnologia prenderà una strada oppure un'altra non dipenderà da leggi fondamentali dell'Universo, ma dalle scelte politiche che prenderemo in quanto cittadini. È quindi molto importante prendere scelte responsabili da un punto di vista politico e con un grado di accountability democratica fondamentale. Per questo mi sento di dire che i neurodiritti ci salveranno soltanto se avremo anche un grado di alfabetizzazione relativa alle nuove tecnologie, che comporterà appunto la possibilità di prendere scelte consapevoli. Non dovranno essere calate dall'alto ma dovranno essere la volontà della popolazione globale”.