Intervista a Cristiana De Filippis: l’importanza del pensiero creativo nella ricerca matematica

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In un settore tradizionalmente dominato dagli uomini, come quello della ricerca matematica, Cristiana De Filippis è un esempio di come determinazione, passione e talento possano superare le barriere di genere e aprire nuove strade nella scienza. 

Lei non è solo una matematica di spicco, ma anche una pioniera che ha saputo affermarsi in un contesto che spesso presenta sfide aggiuntive per le donne. Il suo lavoro non solo ha arricchito il panorama scientifico, ma ha ispirato a una nuova generazione di giovani a intraprendere questo percorso.

Cristiana De Filippis è infatti ricercatrice e docente di analisi matematica all’Università di Parma, è fra le matematiche più citate della sua generazione, tanto da essere annoverata tra le 100 donne italiane di successo del 2023 da Forbes. Non solo, ha vinto diversi premi, l’ultimo - tra i più prestigiosi del settore, consegnato ogni 4 anni alle persone al di sotto dei 36 anni - le è stato conferito dall’European Mathematical Society lo scorso 19 luglio a Siviglia essendosi distinta per i suoi contributi alla Teoria della regolarità ellittica.

cristiana de filippis università parma

Fonte: Università di Parma

Ma che cos’è la teoria della regolarità ellittica? È una teoria legata alla risoluzione di equazioni, chiamate equazioni differenziali ellittiche, che provengono dal mondo della fisica. Nessuno è riuscito mai a trovare un modo per risolverle, se non in casi particolari. Ebbene, De Filippis è riuscita a dimostrare la regolarità di alcune di queste soluzioni, ovvero è riuscita a stimare che tali soluzioni si trovano in uno spazio ben preciso. Cosa significa tutto questo? Significa che il problema è diventato più gestibile, soprattutto ai fini della creazione di modelli numerici per trovare la risoluzione finale. Quindi, problemi di fisica finora insormontabili ora sono avvicinabili e risolvibili.

Professoressa De Filippis, c’è stato un momento in cui ha realizzato che finalmente la sua ricerca era sulla “strada giusta”?

Sì, c’è stato. Difficilmente, quando si lavora a un problema, si trova la soluzione al primo colpo, quelli sono casi rarissimi: o si tratta di una coincidenza di parecchie componenti che inevitabilmente portano a quella conclusione o in genere i problemi di una certa importanza trovano soluzione dopo tantissimi tentativi. In questo secondo caso, a un certo punto quando mi sono accorta che le due componenti più spinose del problema potevano essere accomodate in contemporanea allora ho capito che stavo raggiungendo il mio obiettivo.

Il professor Parisi, premio Nobel per la Fisica, afferma che “tutto sembra semplice a posteriori” tanto che si rischia di dimenticare l’immenso lavoro che c’è stato dietro. È d’accordo?

Assolutamente! In genere, a posteriori, l’approccio che porta alla soluzione del problema è quello più naturale tanto che poi, ripensandoci dici: era così facile, come ho fatto a non pensarci prima.

Ci sono stati momenti in cui ha avuto dubbi sulla scelta di studi?

In realtà no perché mi sono accorta che studiare matematica dava tante opportunità: l’accademia e l’insegnamento erano soltanto due tra le tante. Quindi non mi sono mai pentita della scelta fatta. Ho realizzato quanto siano richiesti i matematici per il loro rigore e la loro versatilità. E comunque sono sempre stata contenta della direzione che avevo preso.

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Credit: Envato.com by tampatra

Cosa consiglia ai docenti di matematica delle scuole di primo o secondo grado per far diventare questa disciplina più interessante per i ragazzi?

Questa è una domanda difficile perché il problema della matematica è che richiede un background tecnico inevitabilmente un po’ noioso che poi però permette di apprezzarla veramente. Io cercherei di mostrare il lato creativo della materia quindi proporrei di risolvere un problema che non sia solo l’applicazione meccanica di formule: la parte bella della matematica non sono i conti che si fanno con i numeri, ma è la dimostrazione, cioè il percorso che porta da certe ipotesi fino a dimostrare la tesi. Lì è richiesta molta creatività, quindi secondo me è quello andrebbe mostrato, anche se non lo si può fare subito.

Sono tante le donne della matematica che l’hanno accompagnata lungo il suo percorso formativo: Susanna Terracini, Veronica Felli, Paola Goatin, sono tutte matematiche di alto livello che hanno contribuito alla sua crescita professionale. Secondo lei c’è un gap da colmare per il genere femminile nel suo settore?

La disparità di genere si vede al dottorato quando si sceglie se tentare il percorso accademico o se prendere altre strade. Ma il vero problema è quello del posto fisso: il mondo accademico viene percepito come precario e questo tende ad allontanare le persone che invece hanno altre priorità nella propria vita. Personalmente non ho vissuto mai una disparità di genere o di trattamento, le persone con cui ho lavorato sono sempre state interessate alle idee indipendentemente da chi le avesse: uomo o donna.

Che consigli darebbe ai ragazzi e alle ragazze che vogliono intraprendere una carriera simile alla sua?

Direi loro di farlo anche se è una carriera che richiede molto sforzo e sacrificio. All’inizio bisogna spostarsi, mettersi sempre in discussione, non bisogna arrendersi alle prime difficoltà, ma è anche una carriera che dà molte soddisfazioni, che permette di viaggiare, di conoscere e di confrontarsi con ricercatori con background ed esperienze diverse. Dunque è uno stimolo continuo e questo è molto soddisfacente.

Prima parlavamo di “pensiero creativo”: ecco, quanto pensiero creativo è necessario per potare avanti una ricerca matematica?

Dietro una ricerca c’è tutto un pensiero creativo e anche un bel po’ di disciplina. E poi c’è la fortuna che sicuramente aiuta. Il pensiero creativo è assolutamente necessario perché per risolvere un problema di un certo peso bisogna pensare in maniera diversa dalle persone che ci hanno preceduto. Il fatto che esista già una letteratura in qualche modo ti condiziona e potrebbe condurti su strade senza uscita, quindi è fondamentale essere in grado di pensare fuori dagli schemi e di trovare una via originale magari usando strumenti che provengono da altre discipline per affrontare il problema e casomai risolverlo.

Quanto si diverte ad essere una matematica?

Quando riesco a risolvere un problema sì ma quando si spendono mesi senza vedere la soluzione allora quello diventa frustrante. Quindi la matematica oscilla tra tanto divertimento e tanta frustrazione. Poi bisogna anche saperla prendere in maniera un po’ sportiva.

In questi ultimi anni si sta parlando tanto di Ai. Come vede il futuro della ricerca con l'avvento di queste nuove tecnologie?

Premetto che non sono un’esperta di intelligenza artificiale quindi quello che dico è frutto di considerazioni di buon senso. In genere il modello matematico governato da equazioni differenziali è un oggetto che è facile trovare quasi dappertutto, quindi non escludo che possa trovarsi anche nell’ambito delle intelligenze artificiali anche se sicuramente richiederà uno studio più approfondito. I campi di applicazione di queste nuove tecnologie, al momento sono due: uno di questo è il computer-assisted proof. In sostanza il computer diventerebbe di supporto al ricercatore proprio nella fase di dimostrazione di teoremi importanti dal punto di vista teorico, non solo pratico. L’altra applicazione di queste tecnologie è nei processi di valutazione delle pubblicazioni scientifiche. Oggi si impiega moltissimo tempo nel controllare i passaggi tecnici di una dimostrazione e nel verificare i giusti riferimenti in letteratura: se si riuscisse a fare questa verifica in maniera automatica con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, si risparmierebbero risorse e si avrebbe più tempo da investire in altro.

A questo punto quale sarà il suo prossimo obiettivo?

Continuare a lavorare e a ottenere risultati di livello che siano apprezzati per prima cosa da me e dal nostro gruppo e poi anche al di fuori di questo. Continuare a spingere la nostra ricerca e migliorarla sempre di più

Quindi in Italia? 
Per ora sì, poi si vedrà. Per il momento si lavora bene qui, in futuro vedremo.

 

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