04.07.2024 Roberto Battiston

Il secolo accelerato

animali preistorici disegno

Se c’è una cosa che caratterizza la modernità è proprio il progresso dovuto al metodo scientifico e alla sua numerosa prole di tecnologie 

Per cui se ci vogliamo interrogare sulla modernità e sul suo stato di salute, inevitabilmente dobbiamo chiederci quale sia l’attuale ruolo di scienza e tecnologia nella società.

Nelle centinaia di migliaia di anni della sua preistoria, nelle migliaia di anni della sua storia, l’umanità ha incontrato solo da quattro secoli la scienza sperimentale, basata sulla creatività induttiva e sulla logica deduttiva. Non è stato amore a prima vista, quanto piuttosto un matrimonio di convenienza: ostacolata da pregiudizi filosofici, religiosi, culturali, la scienza si è affermata grazie all’intelligenza di alcuni giganti e soprattutto alla forza dirompente con cui ha permesso di alzare i veli che separano l’uomo dalla comprensione della natura, delle sue leggi. Comprensione che immediatamente diventa potere, il potere della tecnologia, un processo che ha cambiato il mondo attraverso la più grande rivoluzione mai esistita, inevitabile, irrinunciabile, pervasiva: la rivoluzione della conoscenza delle leggi di una realtà interrogabile con un metodo che si è rivelato di una efficacia mai vista.

Il rapporto tra scienza e società è stato ed è tumultuoso, talvolta drammatico. Non è però paragonabile a un fiume in piena, ma piuttosto a un ramificato delta che penetra profondamente nei meandri di ogni vita individuale. Necessità elementari, come luce, cibo, riscaldamento, casa, salute, educazione, trasporto, vengono oggi soddisfatte con un ventaglio di tecnologie diverse e integrate che hanno reso accessibili le soluzioni a questi bisogni a gran parte dell’umanità cresciuta in pochi secoli a dismisura, proprio grazie alle conquiste della scienza. Ciò non vuol dire che la fondamentale matrice originaria, il metodo e il procedere della scienza siano diventati patrimonio di ciascuno, tutt’altro. Una frazione sostanziale della società può tranquillamente essere definita scientificamente analfabeta, come disse Carl Sagan del 95% della società americana, senza con questo nulla togliere al benessere creato dalle tecnologie della modernità.

terra vista dall'alto disegno

Il risultato di tale sviluppo, con tantissimi aspetti positivi ma, certamente, con altri negativi, è il complesso mondo in cui viviamo e il suo altrettanto complesso divenire. Un mondo plasmato dal succedersi di tecnologie sempre più dirompenti a un ritmo via via più veloce: se il XX secolo è stato definito il secolo “breve”, il XXI potrebbe essere definito, in questo suo primo scorcio, come il secolo “accelerato”. Accelera il ritmo delle tecnologie digitali: abbiamo appena assorbito il www che già esplode l’IA generativa. Accelera il ritmo del cambiamento climatico, così come lo sfruttamento delle risorse estrattive e l’impegno militare a livello globale. Accelerano l’economia dello Spazio, i progressi della medicina, della biologia, della capacità di calcolo. Accelera il frazionamento intergenerazionale, la semplificazione del linguaggio, la parcellizzazione dei territori, i cambiamenti del mercato del lavoro.

Quando a Adamo ed Eva fu ordinato di non mangiare il frutto della conoscenza l’alternativa era quella di perdere l’immortalità del paradiso terrestre. La conoscenza della modernità, invece, punta dritta all’estensione della durata della vita, anzi al tentativo di trasformarla in una immortalità digitale, in attesa che si riesca a decifrare e a modificare, sempre grazie alla scienza, il messaggio scritto nel nostro DNA in milioni di anni di evoluzione. Non è detto che ci si arrivi, perché, occorre ripeterlo, l’uomo non si è evoluto con la scienza, la sua illogicità è proverbiale e abbiamo tutti molti più fantasmi e illusioni nella nostra mente che teoremi di geometria o leggi della fisica. Per cui l’istinto ci riporta alla clava, magari nella forma di una tastiera e questo rende difficile capire quale sarà la prossima puntata della storia accelerata in cui viviamo. La scienza stessa sta però cambiando e rischia di essere travolta dai dati che ha contribuito a generare. 

Per quanto possa sembrare sorprendente, gli algoritmi generativi sono in grado di interrogare non solo il database dei prodotti della creatività umana, ma sempre più spesso anche l’infinito database rappresentato dalla realtà che ci circonda. 

Una nuova lettura del libro della natura, realizzata però allo scopo di imitare gli effetti piuttosto che capirne le cause, con buona pace di Galilei. La fusione tra i sensori e l’IA generativa sta avvenendo sotto i nostri occhi a un ritmo velocissimo: l’effetto probabile di questa rivoluzione nella rivoluzione non saranno dei nuovi “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica” di Isaac Newton o una nuova relatività generale di Einstein, ma una comprensione operativa della realtà che promette di essere efficacissima e contemporaneamente cieca. Una sorta di trasformazione della scienza in magia, ma una magia che funziona senza colpo ferire e di cui non ci viene svelato il trucco ma ci viene fornito un semplice libretto di istruzioni da seguire pedissequamente.

Siamo veramente diretti in questa direzione? Siamo davvero diretti verso una modernità alla “Matrix”, senza scienza o per lo meno, senza quella scienza sviluppata faticosamente dal pensiero umano e che è stata fondamentale per realizzare la modernità stessa? Ci dimenticheremo del secolo dei lumi interrogando senza sosta uno sconfinato database per trovare risposta a tutto, anche alle domande che non hanno risposta? Vorrei svegliarmi e dimenticare questo incubo, ma non ci riesco.