Juice torna a casa. Il rischioso flyby, mai tentato, su Luna e Terra, verso Giove

Articolo aggiornato il 21 agosto 2024 alle ore 11.40, dopo l'annuncio da parte dell'Agenzia spaziale europea (Esa) della manovra eseguita con successo da parte della sonda Juice

Un doppio passaggio molto ravvicinato, sul nostro satellite e sul nostro Pianeta, il 19 e 20 agosto avvenuto con successo. È il primo giro di boa di un viaggio lungo otto anni per la sonda dell’Esa, diretta a studiare le lune ghiacciate del pianeta più grande, in cerca di indizi della vita nei loro oceani sotterranei

La strada per Giove è lunga, lunghissima. E passa per il “Via”, non una ma più volte. Juice, l’emissaria europea verso il pianeta più grande, il 19 e 20 agosto tenterà qualcosa mai provato prima. Tornerà per un doppio passaggio radente sulla Luna e poi sulla Terra, manovra vertiginosa e cruciale eseguita con successo. Lo ha comunicato l'Esa nelle ore successive al transito di Juice. 

Così le sonde inviate nel Sistema solare usano fare per aggiustare l’orbita. Si chiamano assist gravitazionali, passaggi ravvicinati su uno o più pianeti. Juice è la sonda dell’Agenzia spaziale europea lanciata il 14 aprile 2023 dallo spazioporto di Kourou, nella Guyana francese, da un razzo Ariane 5. È diretta verso il gigante gassoso per esplorare alcune delle sue lune principali: Europa, Callisto e Ganimede. Sono tre di quegli “astri medicei”, osservati per la prima volta da Galileo nel 1610 e dedicati a Cosimo de’ Medici. 

Nei loro oceani sotterranei potrebbero conservare condizioni adatte alla vita. Per questo ci stiamo avventurando, di nuovo, da quelle parti. 

L’arrivo di Juice al sistema gioviano è atteso per il luglio 2031. Un lungo cammino ancora la attende. A seguito del lancio ha proseguito attorno al Sole in attesa di tornare per il primo di quattro giri di boa. Molte missioni interplanetarie beneficiano della gravità dei pianeti, tra i quali anche il nostro, per modificare la propria orbita, acquisire energia o anche frenare. Nessuna però lo ha mai fatto usando un doppio assist e quindi nessuna ci ha mai provato col sistema Terra-Luna.

Le manovre orbitali, un aiuto dalla gravità

Far arrivare una missione spaziale diretta molto lontano nel Sistema solare significa eseguire calcoli molto complessi per giungere a destinazione con la velocità e la direzione corrette. Ma prima di tutto bisogna sottolineare che di solito non ci si arriva in maniera “diretta”, soprattutto sugli obiettivi più distanti, come Giove o Saturno. Servirebbe una quantità di energia spropositata: l’Esa ha calcolato che, per arrivare fino a Giove senza assist gravitazionali, Juice dovrebbe avere a bordo ben 60 tonnellate di carburante e, in aggiunta, quello che serve per frenare. 

Per lanciare un carico del genere verso una missione interplanetaria non ci sarebbe nemmeno un razzo, al momento, e comunque non sarebbe conveniente. Quindi si approfitta dell’aiuto che arriva dalla presenza di corpi massicci, i pianeti, che con la loro gravità possono dare una mano utile ad aumentare la velocità (o a diminuirla) e ad aggiustare l’orbita senza consumare propellente prezioso.

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Le fasi del passaggio ravvicinato di Juice sul sistema Terra-Luna - Credits: Esa

Detto in sintesi: una sonda che passa molto vicino a un “pozzo gravitazionale” importante, come quello creato dai pianeti che orbitano attorno al Sole, acquista da questi ultimi un po’ di momento angolare che le permette di accelerare: l’effetto viene sfruttato al massimo con l’accensione dei motori. Il pianeta cede quindi un po’ di energia, che commisurata alla sua massa e velocità risulta però impercettibile, mentre per la massa della sonda si traduce in una accelerazione significativa. Nel caso di Juice, questo primo incontro è servito a virare e rallentare. Il sorvolo della Terra ha ridotto la velocità di Juice di 4,8 chilometri al secondo relativamente al Sole, spiega l'Esa, guidando il veicolo spaziale su una nuova traiettoria. Nel complesso, la manovra ha deviato Juice di un angolo di 100° rispetto al percorso precedente al sorvolo.

Con il doppio Lunar-Earth gravity assist (Lega), infatti, Juice si è gettata verso il Sistema solare interno, in direzione del Sole quindi e non, come ci si aspetterebbe, verso Giove. Perché il prossimo appuntamento sarà col pianeta Venere, ad agosto 2025, con questo secondo flyby la sua orbita attorno al Sole comincerà finalmente a distendersi. Altri due flyby con la Terra, nel settembre 2026 e nel febbraio 2029 allungheranno l’orbita di Juice fino a che, nel 2031, verrà “catturata” dal sistema gioviano. Sono manovre molto delicate. 

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Due immagini scattate dalla sonda Juice dell'Agenzia spaziale europea durante i due flyby su Luna e Terra del 19 e 20 agosto - Credits: Esa

Juice ha sfiorato la la Luna passando appena 700 chilometri sopra la sua superficie, poi sulla Terra, sfrecciando a una distanza di 6.840 chilometri sul Sudest asiatico e l’oceano Pacifico. In termini astronomici, su miliardi di chilometri percorsi, un’inezia. "Non è la prima volta che una sonda passa molto vicina alla Terra per un gravity assist - ha puntualizzato Arnaud Boutonnet, mission analyst di Juice, durante un incontro con la stampa - ma la Luna era considerata una perturbazione da evitare. Ora l'idea è invece quella di beneficiare anche della sua presenza e non solo di quella della Terra, per risparmiare carburante che potrà servire più avanti nella missione. Oppure, teoricamente, per ospitare più strumenti". 

Il risparmio di carburante, hanno calcolato gli ingegneri Esa, grazie al sorvolo è stato di 100-150 chilogrammi: "Grazie alla navigazione molto precisa del team di dinamica di volo dell'Esa, siamo riusciti a utilizzare solo una piccola frazione del propellente riservato a questo sorvolo. Questo si aggiunge ai margini che manteniamo per un giorno di pioggia, o per estendere la missione scientifica una volta arrivati su Giove".

"È come attraversare un corridoio molto stretto, molto, molto velocemente: spingere l'acceleratore al massimo quando il margine a lato della strada è di millimetri appena" ha detto Ignacio Tanco, spacecraft operations manager di Juice.

Per l’occasione, Juice ha acceso i propri strumenti e fatto rilevazioni, consentendo agli scienziati di testare se tutto funziona a dovere. "Una sorta di prova generale" per quando si dovrà iniziare a fare scienza attorno alle lune gioviane ha spiegato Nicolas Altobelli, mission manager di Juice. Preoccupa, in particolare, lo strumento radio Rime, disturbato dal rumore elettronico all’interno della sonda. Ma la parte più delicata è la traiettoria: se qualcosa fosse andato storto, date le energie in gioco, il rischio sarebbe stato quello di mettere la sonda su un binario che non conduce alla destinazione attesa, e di perdere la missione. "Qualsiasi inesattezza nella traiettoria viene amplificata dopo il flyby - ha sottolineato Giulio Pinzan, spacecraft operations engineer - per fare un esempio, prima del flyby abbiamo eseguito una manovra per arrivare il più vicino possibile alla traiettoria ideale. Il cambio di velocità della sonda è stato di 3,8 centimetri al secondo. Se avessimo aspettato dopo il passaggio sulla Terra per eseguire la stessa manovra, la correzione sarebbe dovuta essere di 100 metri al secondo. Un fattore di amplificazione nell'ordine delle migliaia".

Guardare nell’abisso

Una volta raggiunta la sua destinazione, Juice inizierà una danza gravitazionale da una luna gioviana all’altra, Europa, Callisto e infine si inserirà in orbita attorno al più grande dei satelliti, Ganimede. E secondo i calcoli degli ingegneri, proprio il Lunar-Eart gravity assist, se andasse come ci si attende, potrebbe consentire, grazie al risparmio di propellente, di arrivare a orbitare Ganimede a una quota molto bassa, circa 200 chilometri (che costa in più in termini di energia), e quindi studiare la luna ad altissima definizione. 

Per indagare a fondo come sono fatti questi piccoli mondi ghiacciati, avrà a bordo dieci strumenti, con un contributo molto importante del nostro Paese grazie alla guida dell’Agenzia Spaziale Italiana. Leonardo ha fornito la camera multispettrale Janus e la camera iperspettrale Majis. Oltre ai più grandi pannelli solari mai montati su una missione interplanetaria: 85 metri quadrati, come uno spazioso appartamento. Serviranno per raccogliere ogni goccia di luce che arriverà, così lontano dal Sole (a oltre 700 milioni di chilometri, cinque volte la distanza della Terra dalla nostra stella).

strumenti sonda juice

Credits: Esa

Da Thales Alenia Space arrivano invece il radar, Rime, per esplorare in profondità gli strati del suolo a caccia di un’eco che corrisponda alla presenza di acqua, e 3GM che misurerà grazie al collegamento con un trasponder con la Terra, il campo di gravità di Ganimede. Questi e altri strumenti (un magnetometro, un laser altimetrico, sensori per il detecting delle particelle, emissioni radio e plasma, temperatura e raggi UV) sveleranno i segreti di questi ancora misteriosi pianetini, ma così intriganti.

Osservando i loro movimenti, oltre quattro secoli fa, Galileo si accorse che non erano astri “indipendenti”, ma corpi celesti in orbita attorno a Giove, portando così la prova tombale contro il geocentrismo e a favore del sistema copernicano. Ora però, orbitando attorno a quelle stesse lune, andremo a cercare nuove e ancora più rivoluzionarie rivelazioni, indizi di un’altra genesi che potrebbe essere fiorita negli abissi oscuri di luoghi così lontani dal Sole.

 

Credits copertina: Esa