La prima “passeggiata spaziale” di astronauti privati. L’Eva della missione Polaris Dawn

polaris dawn passeggiata spaziale

Jared Isaacman e Sarah Gillis sono usciti dalla capsula Crew Dragon e si sono affacciati nello spazio esterno. Un test per le tute SpaceX che verranno usate in futuro per missioni commerciali e turismo spaziale

Meno di quindici minuti a testa a fluttuare fuori dalla capsula, nel vuoto, qualcosa in più della prima, storica, “passeggiata spaziale” condotta dal sovietico Aleksey Leonov il 18 marzo 1965, il primo uomo a spingersi fuori dal mezzo che lo aveva portato in orbita. Anche questa è una prima volta che resterà nei libri della storia dello spazio: la prima Eva, (Extra vehicular activity) di un equipaggio privato, quello della missione Polaris Dawn. È uscito per primo il comandante, il miliardario Jared Isaacman, mentre transitava proprio sopra la linea che separa la notte e il giorno, sull’Australia, e poi Sarah Gillis, mission specialist, sorvolando il Pacifico. Si sono avventurati fuori dal portello della Crew Dragon Resilience per un quarto d’ora circa ciascuno. Si sono affacciati sullo Spacewalker, la struttura montata sull’anello dell’uscita, una ringhiera che offre appiglio per issarsi fuori, e poi rientrare.

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Lo spettacolo della Terra immortalato dalla camera di Jared Isaacman all'uscita per l'attività extra veicolare della missione Polaris Dawn - Credits: SpaceX

Il test delle nuove tute SpaceX

L’attività extra veicolare, oltre che a segnare un record, era mirata a sperimentare il comportamento delle nuove tute Eva progettate da SpaceX. Testate nel vuoto a terra, ma mai nelle condizioni dello spazio extra atmosferico. Raccoglieranno dati sulle prestazioni e sulla “agilità” di movimento: “Si tratta di esaminare la mobilità, il movimento in questo ambiente di microgravità e le prestazioni della tuta in generale” ha spiegato Sarah Gillis in conferenza stampa. Non hanno l’ingombrante “zaino” che siamo abituati a vedere addosso agli astronauti durante le attività extra veicolari sulla Stazione spaziale internazionale

C’è un dettaglio che li accomuna, curiosamente, al pioniere Leonov: il cavo che li legava alla capsula, “cordone ombelicale” (in realtà collegato all’altezza della coscia) che fornisce ossigeno ed energia. Rispetto a quella sovietica, con il logo CCCP che campeggiava sopra alla visiera del casco, queste sono però molto più smart. Il casco è dotato di un display heads-up (Hud) con uno schermo trasparente. Fornisce all'equipaggio telemetria critica, tra cui pressione, temperatura e umidità relativa, senza ostruire la vista. Giusto un affaccio per Isaacman e Gillis, molto meno temerario della sortita di Leonov.

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L'uscita di Sarah Gillis dalla capsula Crew Dragon per la passeggiata spaziale della missione Polaris Dawn - Credits: SpaceX

"A casa c'è tanto lavoro da fare, ma da qui la Terra sembra davvero un mondo perfetto" - Jared Isaacman

Si tratta di un passo fondamentale non solo per gli annali. SpaceX intende utilizzare la tuta per le future missioni in orbita, aprendo la strada a nuove possibilità per l’addestramento di astronauti e per altre missioni private anche per il turismo spaziale. I due hanno compiuto movimenti con le braccia, simulando l’uso di strumenti, e dialogato con il controllo missione nella lettura di parametri e telemetria. 

Anche se solamente due di loro sono usciti, tutti e quattro gli astronauti di Polaris Dawn sono stati esposti al vuoto dello spazio esterno. Hanno dovuto quindi indossare le tute Eva perché la Crew Dragon non possiede un airlock, una camera di compensazione per isolare la cabina e mantenere atmosfera e pressione interne. La decompressione era iniziata addirittura un giorno prima dell’attività extra veicolare, per evitare un avvelenamento da decompressione, innalzando lentamente la percentuale di ossigeno nella cabina. Una volta richiuso il portello, la pressione è stata riportata ai livelli nominali in circa 50 minuti.

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L'apertura del portello della capsula Crew Dragon prima dell'uscita degli astronauti privati della missione Polaris Dawn - Credits: SpaceX

La diretta streaming dell’evento è stata trasmessa utilizzando, ovviamente, un collegamento con i satelliti Starlink. Questo non è il primo record infranto dalla missione Polaris Dawn. Subito dopo il decollo, la capsula ha innalzato la propria orbita fino a una distanza di 1.400 chilometri. Nessun equipaggio in orbita terrestre era mai arrivato così in alto e nessun essere umano si era allontanato così tanto dal nostro Pianeta dai tempi delle missioni Apollo verso la Luna.

 

Credits copertina: SpaceX

 


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