European Young Chemist’s Award, medaglia d’oro a un italiano che lavora alla sostenibilità delle reazioni chimiche
Trovare il modo di condurre reazioni con il minor dispendio energetico possibile, applicando anche alla chimica organica i principi sempre più centrali della sostenibilità ambientale.
Per questo motivo Gianluigi Albano si è aggiudicato la prestigiosa European Young Chemist’s Award 2024 Gold Medal della European Chemical Society, per la categoria Early Career Researcher, a fronte di centinaia di candidature provenienti da tutta Europa. 35 anni, originario di Montalbano Jonico, in provincia di Matera, Gianluigi ha studiato chimica organica all’Università di Pisa, dove ha conseguito il dottorato con lode nel marzo 2019. Successivamente, si è spostato all’Università Aldo Moro di Bari come assegnista di ricerca, e li è iniziato il lavoro che sta ora continuando di nuovo all’Università di Pisa, e che gli è valso il prestigioso riconoscimento.
“Il mio lavoro consiste nella preparazione e nello studio di composti organici, ossia composti a base di carbonio, con potenziali applicazioni per l’ottica e l’elettronica”, ci spiega lo stesso Albano. “Si pensi per esempio agli schermi OLED (in inglese organic light-emitting diode) delle tv e degli smartphone, che si basano sulla presenza di un composto organico come strato semiconduttore; oppure anche ai lettori ottici per le comunicazioni. Sostanzialmente la preparazione di queste sostanze avviene attraverso reazioni chimiche, in cui si ha la formazione di legami chimici tra atomi di carbonio: in questo modo, da molecole semplici si passa a molecole di struttura via via più complesse, con le proprietà desiderate”. Come in molti altri ambiti però, anche qui c’è un problema ambientale non da poco.
“Queste reazioni chimiche di formazione di legami carbonio-carbonio hanno bisogno di molta energia per poter avvenire, e questa viene tipicamente fornita per via termica, attraverso un bagno ad acqua, olio o sabbia, posto su una piastra scaldante, proprio come si fa in cucina per far cuocere i cibi. Solo che in questo caso la quantità di energia richiesta è molto elevata, sia per le temperature raggiunte, sia per i tempi necessari, che possono essere molto lunghi”.
La chimica organica negli ultimi 25 anni si è molto sensibilizzata sulla questione ambientale: sul finire del secolo scorso è stato introdotto il concetto di Green Chemistry, che consiste nella progettazione di tecniche e metodologie chimiche non pericolose per la salute umana e sostenibili per l’ambiente. Uno dei 12 Principi della Green Chemistry, intitolato “Progettazione finalizzata all’efficienza energetica”, è relativo alla ottimizzazione del fabbisogno energetico dei processi chimici.
“Quello che mi sono chiesto è stato: è possibile condurre reazioni di formazione di legami carbonio-carbonio usando fonti di energia alternative?” Tra quelle green già utilizzate, ci sono per esempio le ben note microonde, gli ultrasuoni, o anche la meccanochimica (che invece consiste nell'applicazione di energia meccanica attraverso la macinazione dei reagenti solidi con sfere agitate a elevate frequenze). Ma nessuno aveva mai pensato prima alla radiazione infrarossa da applicare alla chimica organica, sebbene sia comunemente usata nella vita di tutti i giorni: basti pensare alle lampade che riscaldano i cibi nelle mense o i cuccioli negli allevamenti.
“L’idea alla base della mia ricerca è molto semplice: applicare la radiazione infrarossa come fonte di energia non convenzionale per costruire legami chimici carbonio-carbonio in modo meno energivoro e quindi più sostenibile”. Ma i risultati hanno superato le attese. L’impiego di una lampada a infrarossi non solo ha mostrato un fabbisogno energetico inferiore rispetto alla classica piastra scaldante, ma si è anche rivelato più efficiente rispetto al riscaldamento termico tradizionale, in modo impressionante: le reazioni avvenivano molto più velocemente.
“Una reazione che, condotta con una classica piastra scaldante, tipicamente richiederebbe 24 ore di forte riscaldamento per essere completata, sotto radiazione infrarossa è avvenuta in un tempo molto più breve, che poteva oscillare dai 30 minuti a 1 ora”.
Chiaro il risparmio energetico, ma anche il vantaggio pratico, che potenzialmente taglia drasticamente i tempi (e quindi i costi economici) della ricerca.
“Quindi ci siamo spinti oltre, cercando di capire l’origine di questo sorprendente effetto. Grazie a una serie di esperimenti, siamo giunti alla ragionevole conclusione che questa capacità della radiazione infrarossa dipende da una combinazione di effetti termici, legati alla capacità della radiazione di aumentare la temperatura del sistema, e di effetti non termici, ovvero la radiazione infrarossa è in grado di intervenire direttamente sul meccanismo della reazione, permettendo di accelerarla in modo indipendente dall’aumento della temperatura”.
“Quello che è stato premiato, più nello specifico, è un percorso durato quasi 5 anni, che ci ha permesso di scoprire proprietà del tutto inesplorate dell’infrarosso applicate alla chimica organica”, che restano però ancora da comprendere a pieno.
“Questo Premio è un punto di partenza, io lo vivo un po’ come uno stimolo per spingermi ad andare avanti nella mia ricerca, confermandomi che la strada è interessante e che è necessario approfondire ulteriormente lo studio di questo ambito, finora tutto sommato solo accennato. Il prossimo step? Per esempio, effettuare uno scale up, ovvero aumentare la scala con cui effettuare reazioni. E soprattutto capire su quali classi di reazioni la radiazione infrarossa è applicabile con successo”.
Credits Copertina: Midjourney Bot @Eagle Liao
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