27.06.2024 Romualdo Gianoli

Destination Earth, il Gemello Digitale della Terra salverà il pianeta dalla catastrofe ambientale

globo terrestre formato da una rete colore blu

Destination Earth (Destinazione Terra) non è il titolo di un film di fantascienza, ma un’iniziativa di punta della Commissione Europea lanciata nel 2021 per sviluppare un alter-ego digitale altamente accurato della Terra, da usare per modellizzare, monitorare e simulare i fenomeni naturali e i pericoli che la riguardano, ma anche le attività umane e le loro conseguenze per l’ambiente. Insomma, stiamo parlando di un “Gemello Digitale” della Terra

La Terra sta per avere un Digital Twin

Per come lo definisce la IBM, “un gemello digitale è la rappresentazione virtuale di un oggetto o di un sistema lungo tutto il suo ciclo di vita, che viene aggiornata attraverso dati in tempo reale e fa uso di simulazioni, apprendimento e ragionamento automatici per agevolare il processo decisionale”. Nel nostro caso è, appunto, Destination Earth, abbreviato con l’evocativo termine di DestinE, un tentativo rivoluzionario in termini di dimensioni, precisione, dettaglio, velocità di accesso alle informazioni e interattività (che mai prima d’ora era stato accessibile agli esseri umani) per aiutare a progettare strategie di adattamento e misure di mitigazione accurate e realmente attuabili. Con 300 milioni di euro già messi sul piatto da Bruxelles e oltre 116 organizzazioni coinvolte tra università, centri di ricerca e aziende, DestinE rappresenta un grande sforzo collettivo dell’UE che ora, dopo l’annuncio del 2021, inizia a entrare nella sua fase operativa.

terra in rappresentazione digitale colore blu e fondo nero

Credits: screenshot Destination Earth EU

Destination Earth è appena entrato in attività.

In realtà, quelli previsti da DestinE sono più gemelli digitali, ciascuno orientato a uno specifico aspetto. I primi due sono stati inaugurati dalla Commissione Europea il 10 giugno e il primo di essi, il Climate Change Adaptation, non a caso è quello destinato a studiare e simulare gli effetti del cambiamento climatico per aumentare la capacità di prevederli e prevenirli. É progettato per lavorare su un orizzonte temporale che arriva fino al 2040-2050 e una risoluzione massima di 5 chilometri, contro i 100 degli attuali modelli. Si tratta, evidentemente, di una scelta non casuale dato che nel solo 2023 gli effetti della crisi climatica nell’UE hanno presentato un conto altissimo in termini di vite umane e risorse finanziarie: 151 morti e circa 13,4 miliardi di euro di danni dovuti a inondazioni, frane, siccità, incendi, ondate di calore e piogge torrenziali.

Il secondo gemello digitale, il Weather-induced Extremes, guarda invece a un orizzonte temporale più limitato, di pochi giorni e con una risoluzione spaziale di 2-4 chilometri su scala globale che può arrivare fino a 500-700 metri in specifiche regioni

Si tratta, cioè, di un sistema orientato alle previsioni meteorologiche, per prevedere fenomeni su una scala spaziale e temporale molto più limitata ma sufficiente a prevenire disastri localizzati adottando contromisure immediate di evacuazione e protezione. Il rilascio di un terzo gemello per lo studio degli oceani è previsto a breve, probabilmente nel corso di quest’anno, mentre altri saranno via, via rilasciati nel 2025 e nel 2026, fino a raggiungere la configurazione definitiva nel 2030.

terra digitale sfondo neri e scritte colorate

Credits: screenshot DestinE

Super-calcolatori e Big Data

La piattaforma DestinE sarà accessibile a pubbliche amministrazioni, università e centri di ricerca, fornendo strumenti, applicazioni e servizi decisionali attraverso un'infrastruttura di super-calcolo basata su cloud, aperta, flessibile e sicura. Il super-calcolo, però, costa molto perché per farlo servono supercomputer con prestazioni eccezionali come l’italiano Leonardo (che si trova al CINECA-Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico dell’Italia Nord Orientale di Bologna e al quale presto si affiancherà quello previsto a Napoli), uno dei più potenti al mondo, in grado di eseguire oltre 250 Petaflops, cioè più di 250 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Viene da sé che computer del genere sono davvero pochi e l’Europa, in questo momento, sta affrontando anche un programma di aggiornamento del suo parco di supercomputer per non restare indietro, rispetto agli altri competitor mondiali, nella corsa dirompente dell’Intelligenza Artificiale. 

In tutto questo, poi, l’UE deve vedersela anche con la scarsità di componenti chiave necessari per questi computer, come le GPU (Graphics Processing Unit) prodotte quasi esclusivamente dalla NVIDIA (proprio per questo nei giorni scorsi diventata l’azienda a più alta capitalizzazione al mondo, scavalcando anche Apple) e che, per giunta, sta costruendo anch’essa un digital twin della Terra! Tuttavia, oltre ai supercomputer, nella creazione di un gemello digitale c’è un altro aspetto altrettanto fondamentale: quello dei dati senza i quali, non si va da nessuna parte.

terra digitale sfondo nero e scritte colorate

Credits: screenshot DestinE

La potenza di calcolo è inutile senza dati

Avere tanta potenza di calcolo per far funzionare un gemello digitale è necessario ma non basta. Occorre anche una rete di trasmissione ad alta velocità che permetta un accesso facile e veloce ma, soprattutto, occorrono dati. Tanti dati. 

Talmente tanti che i responsabili di DestinE lo chiamano Data Lake, il lago dei dati da cui attingere le informazioni necessarie ad alimentare i modelli. 

A formare il data lake (che ha anche lo scopo di fornire l’accesso ai dati dei digital twins e un’armonizzazione nell’accesso ai dati, indipendentemente dal loro tipo e dalla posizione) saranno i dati ambientali provenienti da una varietà di fonti: dai sistemi satellitari di studio e monitoraggio dell’ESA, da EUMETSAT (l’organizzazione intergovernativa che fornisce dati satellitari per applicazioni meteorologiche, climatiche e ambientali), da ECMWF (il Centro Europeo di Previsioni Meteo a Medio Termine), da Copernicus (il programma di punta europeo che monitora il nostro pianeta e il suo ambiente con dati satellitari e in situ) e altre fonti come i dati statistici europei. 

I dati, dunque, già ora sono alla base di tutto e saranno sempre più importanti in futuro. E proprio su questo aspetto un recente studio ci rivela che sotto i nostri occhi sta avvenendo una rivoluzione, riguardo i dati, di cui noi tutti siamo protagonisti più o meno inconsapevoli.

terra con nuvole sfondo nero

Credits: Destine ECMWF

Verso una democrazia dei dati

Uno studio internazionale pubblicato a inizio anno sul Journal of Remote Sensing rileva come il panorama della creazione e dell’analisi dei dati geo-spaziali (cioè le informazioni relative alle diverse posizioni sulla superficie terrestre) abbia subito, negli ultimi anni, un cambiamento addirittura ‘sismico’, come lo definiscono gli autori della ricerca provenienti da 18 istituzioni di 4 Paesi e coordinati da Xiao Huang del Dipartimento di scienze ambientali della Emory University di Atlanta in Georgia, USA.

Il concetto di dati geo-spaziali e della loro raccolta, rilevano gli autori, si è evoluto negli ultimi anni soprattutto in conseguenza della massiccia e capillare diffusione di Internet e degli smartphone, portando a quella che gli autori definiscono una ‘democratizzazione’ del processo di creazione dei dati. In pratica, se fino a qualche tempo fa i produttori di dati erano solo le istituzioni, i centri di ricerca, le agenzie governative o le aziende private, ora una grande quantità di dati viene prodotta dalle persone comuni, in continuazione e in maniera capillare, grazie alla diffusione degli smartphone, alla loro capacità di geolocalizzazione e a un nuovo e diffuso senso di partecipazione delle persone. Come spiega Huang, “questa democratizzazione non solo ha diversificato i tipi di dati disponibili, ma ha anche portato a una visione più ricca e sfaccettata del comportamento umano e dei cambiamenti ambientali”.

In pratica stiamo assistendo a un fenomeno nuovo, quello del crowdsourcing, cioè la generazione collettiva di dati geo-spaziali, che riguarda molti settori come le osservazioni meteorologiche e climatiche, la biodiversità, la qualità dell’aria, i disastri naturali, l’uso del territorio, l’urbanizzazione, le condizioni del traffico, eccetera. Come fa notare Huang, “i dati geo-spaziali in crowdsourcing hanno un ruolo critico e un vasto potenziale nel migliorare le osservazioni umane e della Terra. Questi dati, forniti dal pubblico attraverso varie piattaforme, offrono osservazioni spazio-temporali ad alta risoluzione che i metodi tradizionali potrebbero mancare”.

È un’osservazione che letta a valle dell’avvio del progetto europeo di digital twin della Terra, spinge a fare un’ulteriore riflessione. Dato che, come abbiamo visto, il Data Lake è generato da fornitori di dati ‘tradizionali’ (le varie agenzie e consorzi spaziali) forse sarebbe il caso che i responsabili di Destination Earth considerassero la possibilità di integrare questi dati con quelli prodotti dalle persone attraverso il crowdsourcing geo-spaziale. Il tempo per farlo c’è e sicuramente ne risulterebbe un’analisi più completa, prima di tutto dal punto di vista scientifico. Ma non solo, perché ci sarebbe anche un risvolto sociale.

Come sottolineano gli autori dello studio, questo allargamento della base di dati contribuirebbe anche a garantire una maggiore inclusività, specialmente per quelle regioni geografiche spesso sottorappresentate e quindi trascurate dalle politiche decisionali. Certo, tutto ciò richiederebbe uno sforzo maggiore (forse più politico che tecnologico) che, però, avrebbe impatti tangibili nel mondo reale, a cominciare dalla responsabilizzazione delle comunità e degli individui a livello globale rispetto alle tematiche ambientali. Qualcosa di cui abbiamo un assoluto bisogno.

Credits Copertina: Envato.com by 9_fingers_