10.06.2024 Romualdo Gianoli

Quando l'astrofisica viene in soccorso dell'archeologia: la scienza svela il sito di Dispilio

macchie solari tempesta solare colori viola con plasma

Tronchi d’albero, enormi brillamenti solari, piogge di raggi cosmici e la scoperta di una fisica giapponese. Sono questi gli imprevedibili elementi che hanno permesso a un gruppo di scienziati svizzeri di risolvere un mistero archeologico di oltre 7000 anni fa.

Con la scienza a indagare le origini dell’umanità

Tutti ricordiamo gli intensi brillamenti solari che nelle scorse settimane hanno riempito le cronache di tutto il mondo con le immagini di bellissime e inconsuete aurore, ma anche con i possibili e seri problemi per le telecomunicazioni. La storia che stiamo per raccontare invece, più che di problemi, parla di come questi fenomeni, guardati attraverso la lente della scienza, possono fornire imprevedibili e preziose conoscenze anche in campi che sembrano molto lontani come l’archeologia. Sfruttando proprio i brillamenti solari, violente manifestazioni esplosive tipiche delle stelle, alcuni ricercatori dell’università di Berna sono riusciti a fare qualcosa finora impossibile: datare con precisione il sito agricolo preistorico di Dispilio (nel Nord della Grecia, tra Albania e Macedonia) importante testimone, più di 7000 anni fa, di un periodo cruciale della storia umana. 

Nell’area euroasiatica occidentale il Neolitico segna, infatti, una delle fasi più importanti dell’evoluzione sociale, economica e tecnologica umana. Si tratta di un importantissimo periodo di transizione durato millenni, caratterizzato dalla graduale adozione dell’agricoltura e dall’addomesticamento e allevamento degli animali. Fenomeni che si accompagnarono a una crescente complessità delle prime forme di società umane. In questo contesto, la comparsa delle prime comunità neolitiche sulle coste dell’Egeo, nella Grecia settentrionale e nell’Europa continentale, segna un momento di particolare importanza, che vide la rapida espansione degli insediamenti nell’entroterra e a Nord, verso i Balcani. Ecco, allora, che trovare metodi quanto più possibile precisi e affidabili per datare questi insediamenti diventa essenziale per ricostruire l’espansione della civiltà in Europa e per valutare l’impronta ambientale delle nuove pratiche agricole. Un bel problema, a dirla tutta, visto che stiamo parlando di un periodo che viene fatto risalire intorno al 6500 a.C.

 

reperti archeologici vaso spada bracciali

Credits: Ritrovamenti nel sito di Dispilio a–c, Dispilio Excavation Archive

Atomi radioattivi e anelli di legno

È proprio per tornare virtualmente indietro nel tempo e svelare, così, i misteri del nostro antico passato che gli archeologi, con il fondamentale aiuto della scienza, hanno sviluppato metodi tanto affascinanti quanto ingegnosi. Due dei più utili sono la datazione al radiocarbonio e la dendrocronologia. Vediamo in breve di cosa si tratta.

Per quanto riguarda il primo metodo, sappiamo che l’isotopo è un atomo che ha lo stesso numero di protoni ma un diverso numero di neutroni rispetto a un altro dello stesso elemento. Questo comporta che l’atomo di base e la sua ‘variante’ hanno le stesse proprietà chimiche (infatti sono sempre lo stesso elemento) ma proprietà fisiche diverse (ad esempio un isotopo può essere radioattivo). Il Carbonio, che è quello che ci interessa in questo caso, esiste in tre forme isotopiche diverse: il Carbonio-12 (il 98,9% di quello presente), il Carbonio-13 (l’1,1%) e il Carbonio-14 (presente solo in tracce). Quest’ultimo viene prodotto continuamente negli strati alti dell’atmosfera grazie a una catena di eventi che inizia molto lontano dal nostro pianeta, nello spazio. 

La Terra viene continuamente investita dai raggi cosmici (particelle ad alta energia provenienti dallo spazio profondo ma anche dal Sole) che interagendo con vari atomi presenti in atmosfera liberano neutroni. Quando uno di questi neutroni viene assorbito da un atomo di Azoto, quest'ultimo espelle un protone dal suo nucleo che si trasforma, così, in un nucleo di Carbonio-14 (C-14). 

Ora cerchiamo di capire perché questo isotopo è così importante. Contrariamente ai primi due che sono stabili, il C-14 è instabile e leggermente radioattivo e questo vuol dire che tende a trasformarsi spontaneamente nel nucleo di un elemento diverso (fino a diventare stabile, emettendo particelle ed energia) attraverso il processo che chiamiamo di disintegrazione o decadimento radioattivo. Ciò che permette agli archeologi di usare il C-14 per datare con precisione i reperti organici è che esso viene assorbito dagli organismi viventi attraverso la fotosintesi, la respirazione o l’alimentazione e fin quando l’organismo è vivo, il rapporto tra C-14 e C-12 (non radioattivo e molto più abbondante) resta costante. Quando però l’organismo muore, la quantità di C-14 comincia a diminuire, dimezzandosi ogni 5730 anni. 

Il fattore essenziale che permette di datare i reperti è proprio la costanza del tempo di dimezzamento. In sostanza, il metodo al radiocarbonio consente di datare un reperto (tra un minimo di 200 e un massimo di 60.000 anni) contando gli atomi di C-14 che restano perché, così facendo, si riesce a calcolare quanto tempo è trascorso dalla morte dell’organismo visto, appunto, che questo numero si dimezza ogni 5730 anni. Questo, però, implica che dobbiamo sapere quanti atomi di C-14 c’erano all’inizio. Un problema che è stato risolto adottando un valore di riferimento convenzionale di epoca moderna, calcolato il 1° gennaio 1950 dal National Institute of Standards and Technology del Maryland (USA) su un campione di barbabietola da zucchero.

barbabietola da zucchero in campo con terreno

Credits: Envato.com by yanadjana

L’altro metodo, la dendrocronologia, consiste nello studio degli anelli di accrescimento annuale degli alberi. Dato che nelle regioni temperate le specie arboree accrescono il diametro del proprio tronco ogni anno (tra la primavera e l’autunno), l’alternarsi degli anelli chiaramente visibile nei tronchi costituisce una specie di calendario nel quale l’ampiezza degli anelli non è costante, ma è influenzata da diversi fattori, principalmente le variazioni climatiche, ma non solo. La dendrocronologia sfrutta il fatto che alberi della stessa specie che crescono nella stessa area (e che, quindi, sperimentano lo stesso clima) mostrano variazioni analoghe nello spessore degli anelli, in corrispondenza degli stessi anni. Dunque, le sequenze di anelli (che vengono misurate e riportate in speciali grafici detti ‘curve dendrocronologiche’) memorizzano nei tronchi quella che è stata la storia climatica di una determinata area, ma conservano anche memoria di alcuni particolari fenomeni.

È proprio questa caratteristica, unita alla tecnica del radiocarbonio, che ha permesso ai ricercatori dell’Istituto di Scienze Archeologiche dell’Università di Berna di datare l’insediamento preistorico greco di Dispilio. 

Un risultato che, tuttavia, non sarebbe stato possibile se qualche anno fa una fisica giapponese non avesse fatto un’importante scoperta relativa a un grande evento astronomico che oggi porta il suo nome.

donna asiatica scienziata che misura anello accrescimento albero

Credits: Fusa Miyake, Università di Nagoya

Astrofisica e archeologia s’incontrano tra Sole, Giappone e Grecia

I brillamenti solari sono improvvisi aumenti di luminosità ben visibili nella banda dei raggi X che possono essere accompagnati da emissione un po’ in tutte le bande, da quelle radio ai raggi gamma.

Nella banda X a emettere radiazione è la parte più esterna dell’atmosfera solare, la corona, caratterizzata da plasma (gas ionizzato) a temperature di milioni di gradi centigradi. Durante i brillamenti il plasma può superare i 10 milioni di gradi, raggiungendo una luminosità anche maggiore di quella dell’intera corona. Di solito i brillamenti durano piuttosto poco e seguono canali magnetici chiusi che trattengono il plasma solare, dando vita a caratteristiche forme ad arco. Alcuni brillamenti, però, possono essere talmente potenti da rompere questi percorsi e trasformarsi in eruzioni solari che proiettano giganteschi getti di plasma nello spazio. Quando la Terra con il suo campo magnetico e la sua atmosfera vengono investite da questo plasma, si verificano spettacolari fenomeni come le aurore boreali, di cui si è tanto parlato nelle scorse settimane, ma anche tutta una serie di problemi per le telecomunicazioni e gli apparati elettronici.

macchie solari con plasma che emette radiazioni di plasma

Credits: X Flare May 8 2024, NASA/SDO

Per gli scienziati di Berna, invece, i potenti brillamenti del passato si sono dimostrati una vera arma segreta. Nel 2012, infatti, la fisica giapponese Fusa Miyake ha scoperto che una massiccia ondata di raggi cosmici, presumibilmente dovuta proprio a potenti brillamenti solari, può determinare nell’atmosfera un improvviso aumento di C-14 i cui atomi vanno poi a depositarsi negli anelli degli alberi, proprio in corrispondenza degli anni in cui si verificano i brillamenti. A questi fenomeni è stato dato il nome di ‘Miyake events’ e poiché sono eventi globali e i picchi di C-14 sono chiaramente individuabili nei tronchi, sono diventati importanti punti di riferimento per le datazioni, specialmente in quelle regioni dove mancano dendrocronologie standard. Ed è così che proprio uno di questi Miyake events ha spalancato le porte alla soluzione del problema di datazione di Dispilio.

tronco alberi tagliato sezioni che mostra disco accrescimento

Credits: Envato.com by bilanol

Quell’alleanza tra radiocarbonio e dendrocronologia

Come spiega Andrej Maczkowski dell’Istituto di scienze archeologiche dell’Università di Berna e primo autore dello studio pubblicato il 20 maggio su Nature Communications, “nell’Europa centrale, esiste una cronologia degli anelli dei tronchi che risale a quasi 12.500 anni fa, all’anno 10.375 a.C. Tuttavia, questa cronologia si applica solo a determinate regioni, ma ne manca una coerente per tutta l’area del Mediterraneo”. La conseguenza è che, utilizzando il radiocarbonio, la datazione dendrocronologica dell’Europa è considerata ‘fluttuante’ (un modo elegante per dire ‘inattendibile’) e l’accuratezza che si ottiene, nel migliore dei casi, è nell’ordine dei decenni. Fino a poco tempo fa si pensava, quindi, che la datazione precisa all’anno fosse possibile solo avendo a disposizione una dendrocronologia regionale continua. Una cosa che, per i periodi preistorici, esiste solo per tre regioni del mondo: gli Stati Uniti Sud-occidentali, le colline alpine settentrionali e in Inghilterra-Irlanda.

La scoperta di Miyake, invece, ha cambiato tutto perché ha permesso di individuare dei precisi punti di ancoraggio temporali. Oggi sono noti circa 12 eventi di Miyake fino al 12.350 a.C. e i due importanti del 5259 e 7176 a.C. scoperti nel 2022 dai ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo. 

Nessun altro evento di tale portata è stato registrato negli ultimi secoli e forse è meglio così perché, se dovesse verificarsi oggi, molto probabilmente avrebbe un effetto disastroso sulle nostre tecnologie. Intanto, però, l’evento Miyake del 5259 a.C. ha permesso ai ricercatori di individuare il corrispondente picco di radiocarbonio, analizzando 787 tronchi di ginepro e quercia del sito preistorico di Dispilio. Il picco (che si riscontra globalmente anche negli anelli di crescita del larice siberiano, del pino americano e della quercia europea) si è così trasformato in una data di riferimento, quella del 5259 a.C., rispetto alla quale è stata ricostruita un’inedita cronologia, precisa all’anno, che ha permesso di identificare varie fasi dell’insediamento di Dispilio, che mostrano attività di costruzione di abitazioni nell’arco di 188 anni, tra il 5328 e il 5140 a.C.

Grazie alla scoperta di Miyake e all’applicazione che ne hanno saputo fare gli scienziati i Balcani sono diventati, così, la prima regione al mondo a beneficiare di questo sistema di datazione assoluta. Un risultato importante, dal momento che la regione ospita i più antichi insediamenti lacustri d’Europa e ha svolto un ruolo chiave nell’espansione dell’agricoltura nel continente europeo.

 

Credits Copertina: NASA/SDO