Vivere sulla Luna, ecco la “casa italiana” che prende forma a Torino

modulo lunare rendering thales

Programma Artemis, tutti i dettagli sul modulo costruito da Thales per la Nasa

La prima casa abitata da umani sulla superficie di un altro mondo sarà italiana. Manca l’ok definitivo della Nasa, che arriverà a settembre, ma si può già dire che a Torino, negli stabilimenti di Thales Alenia Space, si sta facendo la storia, come sottolinea Nicola Genco, program manager del Lunar multi-purpose habitat.

È di certo qualcosa di inedito e che, grazie all’impegno dell’Agenzia spaziale italiana, si rivelerà tra gli elementi più importanti per il programma di esplorazione lunare Artemis. Una sfida complessa, quella di creare un rifugio sicuro in un ambiente ostile, con tanta attenzione alle esigenze degli astronauti e al comfort, una capacità di spostamento autonoma per cercare luce e farsi trovare dove serve. Con l’idea di poter creare addirittura un villaggio, come una carovana. Ma soprattutto: di testare le tecnologie che serviranno ad abitare molto più lontano, su Marte.

Nicola Genco, cominciamo a raccontare come sarà fatto il Multi purpose habitation module, la casa italiana sulla Luna. E a cosa servirà.

È un modulo pressurizzato di metallo, di dimensioni di 3 metri diametro per 6 di lunghezza. All’incirca grande come un container. Le dimensioni sono uno dei requisiti che dobbiamo rispettare, assieme alla massa (nell'ordine delle 15 tonnellate), per accomodare il modulo all'interno del lanciatore e del lander che dovranno portarci sulla Luna. Mph, multi purpose habitation, come dice il nome, sarà un asset che assolve a molteplici funzionalità. Lo scopo sarà quello di ospitare astronauti sulla Luna in missioni che dureranno dai sette ai 30 giorni al massimo. Ma dovrà assolvere a molte altre funzioni, per esempio a condurre esperimenti scientifici sul suolo lunare anche durante gli altri 11 mesi. È un modulo che fa gola a molti per le possibilità di fare ricerca scientifica sulla Luna. Abbiamo superato da pochi giorni la mission definition review, un traguardo importantissimo, con la prossima conferma da parte della Nasa a Washington entrerà ufficialmente nell'architettura del programma Artemis.

Con quale razzo sarà lanciato?
Non avendo ancora assegnato lanciatore specifico, si dovrà adattare a entrambi i lanciatori, quello di SpaceX e di Blue Origin, che sono molto diversi tra loro.

Sappiamo che il programma Artemis sta subendo slittamenti, quando pensate possa essere lanciato l’Mph?
Stiamo lavorando per rendere disponibile il modulo al lancio all'inizio della prossima decade.
 

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Credits: Esa

Sarà italiana la prima dimora stabile su un altro mondo?

Correttissimo, il nostro obiettivo è quello di far sì che l’Mph sia il primo habitat di superficie su un corpo celeste diverso dalla Terra. A differenza delle missioni Apollo, per le quali questi moduli erano stati costruiti per portare l’uomo sulla Luna ed essere utilizzati nell’ambito della missione per la durata di pochi giorni, la vita operativa di questo modulo deve essere di almeno dieci anni, durante i quali le agenzie che che che hanno firmato gli accordi Artemis dovranno poterne usufruire.

A Torino, Thales Alenia Space ha dato forma a gran parte dei volumi abitati dagli astronauti in orbita. Quasi la metà della Stazione spaziale internazionale (Iss). Come tutto questo knowhow ha influito sulla progettazione del Mph?

Facciamo tesoro dello sviluppo dei moduli della Iss e le capsule Cygnus (i cargo di rifornimento alla Iss ndr). Prendiamo quello che di buono abbiamo fatto in questi anni e che stiamo facendo per il Gateway, la futura stazione spaziale in orbita lunare, con i moduli Halo, I-Hab e Lunar view che stiamo costruendo qui a Torino. Saranno la base di partenza per Mph, materiali e processi che usiamo e che implementiamo nel nuovo design. Ma con peculiarità diverse specifiche per la superficie lunare.

Parliamo allora di come si progetta un ambiente abitabile da portare sulla Luna. Quali sono le sfide tecnologiche più importanti rispetto all’orbita?

Il suolo lunare espone gli astronauti e il modulo stesso, con le sue strutture, i computer e le componenti, a condizioni ambientali estreme. Temperature che variano dai -200 ai più 120 gradi centigradi. La condizione di illuminazione è critica, soprattutto al Polo Sud, la presenza di gravità ridotta non è banale per il design rispetto a quello che abbiamo fatto in orbita, livelli di radiazioni sono superiori di gran lunga rispetto a quanto visto fino ad ora in orbita terrestre, soprattutto a causa della mancanza di un campo magnetico attorno alla Luna. E poi c'è la polvere lunare che, a causa delle sue caratteristiche, è in grado di aderire e danneggiare le superfici esposte, causando importanti problemi non solo alla strumentazione di bordo, ai meccanismi, alle strutture, ma soprattutto alla salute degli stessi astronauti.

Sembra banale dirlo: prima viene la sicurezza degli astronauti.

La salute degli astronauti è uno di quei key design driver, sicuramente il più importante, perché non c'è margine di errore in queste missioni.

Quali soluzioni state ideando per le radiazioni?

I materiali dovranno garantire una idonea schermatura. Ma al momento la durata delle missioni sulla superficie della Luna oltre che attorno alla Luna stessa è limitata proprio da quella che è l'esposizione massima che che vogliamo poter dare agli astronauti a queste a queste radiazioni. Per il modulo la storia cambia perché rimarrà esposto per dieci e più anni. Le radiazioni e la formazione di carica elettrostatica possono degenerare e comportare gravi danni alla alla struttura. Tutte le soluzioni di mitigazione che stiamo studiando riguardano la possibilità di schermare queste apparecchiature. Chiaramente c'è un impatto sulla massa oltre che sui volumi di questi equipaggiamenti. È decisamente un problema.

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Nicola Genco e il team di Thales Alenia Space che lavora al modulo Mph - Credits: Thales Alenia Space

E poi avrete a che fare con la polvere lunare, molto antipatica, se così possiamo dire.

Quando Neil Armstrong pronunciò le parole che tutti ricordiamo, la frase “Un piccolo passo per l'uomo, un grande balzo per l'umanità”, veniva a preceduta e anche seguita da una descrizione di quello che lui vedeva, la regolite. La polvere lunare è decisamente un problema. A causa della della sua generazione da impatti di meteoriti sul suolo lunare e l'assenza di fenomeni atmosferici ha fatto sì che questa polvere sia rimasta molto tagliente, abrasiva, e poi l'esposizione alle radiazioni fa sì che sia anche carica elettrostaticamente, e quindi si attacca un po ovunque sulle superfici e se inalata può danneggiare le vie respiratorie degli astronauti. È sicuramente un ambito sul quale Thales Alenia Space ha lavorato molto in questi anni.

E come si rimedia?

Abbiamo molte soluzioni sul tavolo. Sistemi di mitigazione passivi come l’applicazione di coating, rivestimenti molto resistenti sui materiali, ne testeremo diversi e verificheremo quale meglio si adatta alle nostre necessità. Si può pensare a pennelli per rimuovere la polvere. Ma essendo la polvere essa stessa elettrostatica, si può pensare, in maniera attiva, di generare un campo elettrodinamico che possa spazzare via la polvere attorno ad alcune superfici. Per esempio i vetri delle finestre, i radiatori e i pannelli solari. Questo è un altro sistema che stiamo cercando di sviluppare in collaborazione con la Nasa.

I pannelli solari sono verticali, invece che rivolti al cielo. Come si spiegano?

Dobbiamo ricordare che saremo al polo sud: lì ci sono buone condizioni di illuminazione, alcuni luoghi sono quasi sempre esposte al sole durante l'anno. Tuttavia il Sole non si eleva mai sull'orizzonte lunare per più di un grado, un grado e mezzo, per cui proietta ombre lunghissime sulla superficie. Ragione per cui pannelli solari sono molto alti, si estendono per svariati metri per poter raccogliere quanto più possibile la luce solare.

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Credits: Nasa

Dal nuovo rendering del modulo, si nota un altro particolare che prima non c’era: ha le ruote. Potrà spostarsi anche autonomamente?

Considerazioni fatte fino a qualche mese fa ci portavano a pensare a questo modulo come stanziale. Ma queste ombre molto lunghe impongono la necessità di andare a cercare il posto migliore per poter sopravvivere alla notte lunare e le zone dove dovrà recarsi per cercare lo stato di illuminazione migliore sono molto limitate. E quindi abbiamo introdotto il concetto di mobilità. Si sta valutando se limitare il range di distanza percorribile a una necessità di raggiungere punti di illuminazione favorevoli o estenderla alla possibilità di garantire che ad ogni missione Artemis il modulo si faccia trovare in regioni diverse per poter permettere alla Nasa, e alle nazioni che partecipano al programma Artemis, di esplorare punti diversi della superficie del polo Sud lunare. Tra i requisiti dalla Nasa c’è quello di essere completamente autonomo. Quindi si dovrà spostare senza aiuti esterni.

Prima ha parlato di finestre. Gli astronauti sono in genere molto sensibili alla possibilità di guardare fuori. Una necessità.

Al momento abbiamo due finestre, ciascuna installata all'interno dei due portelloni principali di ingresso al modulo. Anche qui le radiazioni portano a un degrado della qualità ottica, ragione per cui stiamo studiando una sorta di tendina a protezione della finestra quando non viene utilizzata. Ricordiamo che lo scopo principale della finestra, oltre a garantire il benessere psicologico agli astronauti, che possono una volta entrati nel modulo, guardare all'esterno, è anche un modo per garantire prima dell'ingresso nel modulo. E, se necessario, si può valutare la possibilità di utilizzare queste finestre per condurre degli esperimenti scientifici osservando dall’interno verso l’esterno.

Il benessere psicologico è importante, per missioni che possono durare anche un mese così lontano da casa. Gli astronauti vi stanno aiutando o vi aiuteranno per definire meglio le esigenze, anche di comfort?

Questa questo nuovo trend di design, lo Human in the loop, come l'umano interagisce con con il modulo, sono considerazioni che teniamo in conto fin da subito anche in questa fase di design preliminare. Il coinvolgimento degli astronauti è già partito, tra un mese un mese e mezzo circa ci sarà in California, presso i laboratori Nasa, alcuni test in mare con un mock-up fisico di Mph per lo studio di alcune soluzioni di design. Abbiamo poi a disposizione dei modelli in 3D che utilizziamo con la realtà virtuale per avere dei feedback nel design e abbiamo già adottato variazioni importanti negli ultimi mesi.

Per esempio?

Un esempio pratico è la camera di compensazione, che noi chiamiamo in gergo tecnico airlock: permette agli astronauti di entrare nel modulo, chiudere il portellone dal quale sono entrati, metterla a pressione, poter togliersi la tuta e poi con un altro portellone avere accesso alla parte abitativa. Utilizzando questi strumenti di virtual reality abbiamo notato che sarebbe stato difficoltoso per due astronauti indossare la tuta e prepararsi all'uscita: il volume interno non era sufficiente. Questo ci ha portato ad aumentare leggermente il volume disponibile per la camera di compensazione e quindi di tutto il modulo, senza sacrificare la parte abitativa.

Lo svolgimento della missione Artemis III, il primo sbarco di astronauti sulla Luna dal 1972, previsto per il 2026 - Credits: Nasa

Quanti astronauti potrà ospitare?

Due astronauti, una missione all'anno della durata dai 7 ai 30 giorni. Chiaramente dobbiamo prevedere scenari legati alla possibilità di poter ospitare più astronauti, ma per un periodo più limitato di tempo.

Come sarà strutturata la parte abitativa?

Rispetto ai moduli orbitali (in cui si fluttua e non c'è un sopra e un sotto ndr), sulla superficie della Luna dobbiamo immaginare degli spazi molto più simili a quelli terrestri, perché anche se la gravità è ridotta, c'è. Si camminerà su un pavimento, gli astronauti dormiranno in posizione orizzontale (anziché fluttuando in un sacco a pelo come sulla Iss, ndr). Sedersi per lavorare o per pranzare. La parte abitativa è essenzialmente un lungo corridoio, nel quale trova posto anche un bagno. Non ci sarà però una camera da letto, ma verranno utilizzati gli stessi spazi per poter accomodare dei materassini a terra; una sorta di workbench sul quale gli astronauti potranno effettuare esperimenti scientifici ma anche lavori di manutenzione. E poi c'è tutta una sezione con i payload, i dispositivi per gli esperimenti.

Volumi ridottissimi, ci saranno mobili a scomparsa?

Sono piuttosto soluzioni modulari che possono cambiare forma in base all'utilizzo e in base al momento della giornata.

Abbiamo parlato di servizi igienici, c’è sempre molta curiosità su questo tipo di dettaglio per quanto riguarda gli astronauti. Come si andrà in bagno sulla Luna?

Sfruttiamo questa gravità parziale della Luna: quindi sì, c'è un bagno con soluzioni che prevedono una toilette e lavandini che saranno probabilmente più simili a quelle a cui siamo abituati sulla terra ma che erediteranno chiaramente la molto di quello che è già stato fatto nello spazio in termini di gestione dei rifiuti. Quest’ultimo è un aspetto molto importante.

Quindi avranno un water? È una grande notizia per gli astronauti, ricordando i tubi di aspirazione delle toilette sulla Iss.

Non abbiamo non abbiamo al momento focalizzato molto la nostra attenzione su l'esatta forma di quello che sarà il water ma ci sarà sicuramente modo per gli astronauti di dedicarsi anche a questi bisogni fondamentali.

Credits: Nasa

C’è un’attenzione particolare, oltre alla buona riuscita e alla sicurezza della missione, anche agli aspetti di comfort psicologico.

Avere degli ambienti che siano piacevoli aiuta, gli astronauti avranno la Terra in vista, e sarà bello poterla vedere, ma saranno molto lontani da casa per molti giorni.

Quali altri requisiti ha chiesto la Nasa?

L'interoperabilità. Nel senso che questo modulo dovrà funzionare in concerto con gli altri asset sulla superficie della Luna a disposizione del programma Artemis, dalle nazioni e industrie che che ci stanno lavorando. Dall’interazione con l'astronauta, alla costellazione di satelliti di comunicazione che ci sarà attorno alla Luna per comunicare con la stazione orbitante, il Gateway e con la Terra.

Abbiamo parlato di un modulo, ma la modularità può portare a pensare di collegarne più di uno?

C'è un altro portellone nella parte opposta rispetto a quello dell'ingresso, e che ha una doppia funzionalità. Il primo è contingency, quindi può essere utilizzato per lasciare il modulo nel caso in cui ci fossero problemi al portellone principale. Ma l'altro grande utilizzo è la connessione. Il docking con altri asset di superficie lunare, tra cui altri Mph. Il Multi purpose habitation è pensato per essere il primo di una serie di Mph che potranno al loro interno essere configurati in maniera diversa per assolvere a funzioni diverse fino a pensare di avere un villaggio sulla superficie della Luna.

È una ricerca tecnologica che guarda oltre l’orizzonte lunare, verso Marte. A cosa bisognerà pensare?

Le soluzioni per Marte devono sicuramente tener conto della produzione di cibo di acqua e di materiali necessari alla costruzione di nuovi ambienti direttamente sul suolo marziano. Quindi ecco che la Luna oggi nell'ottica Moon to Mars ci serve come test per capire se quello che noi pensiamo possa essere fattibile, estraendo ghiaccio da trasformare in acqua potabile, facendo crescere piante all'interno di Mph o conducendo esperimenti scientifici dedicati.

È un grande risultato per l’Italia, come sistema Paese.

L'Italia e l'Agenzia spaziale italiana stanno ragionando direttamente con la NASA per un asset estremamente importante. Questo sicuramente deve essere un elemento di orgoglio. Da una parte c'è l'industria capeggiata da Thales Alenia Space, che è in grado di realizzare questo tipo di soluzione, estremamente complessa: non esiste un elemento uguale in questo momento. Stiamo veramente facendo la storia. Grande merito nella visione dell'Agenzia spaziale italiana nel nel proporre e nel rendersi portavoce di questo progetto.

 

Credits Copertina: Thales Alenia Space