Ci siamo dimenticati dell’intelligenza umana? Spunti di riflessione sull’inflazione da AI
La ricerca è ispirata dall’ambizione di duplicare il funzionamento del nostro cervello. Ma anche il pensiero umano cambia in funzione dei nuovi strumenti digitali. Il direttore di Civiltà delle Macchine, Marco Ferrante, illustra il nuovo numero della rivista
C’è un’inflazione da intelligenza artificiale (AI) nel dibattito pubblico. E se è vero che l’AI è un pezzo di futuro (e presente) importante e imponderabile, a che punto è la riflessione sull’intelligenza “non artificiale”? Nel nuovo numero di “Civiltà delle Macchine” si parla di questo e non solo. Abbiamo intervistato Marco Ferrante, direttore della rivista.
Ci siamo dimenticati dell’intelligenza umana?
Non ce ne siamo dimenticati però è evidente che l’AI trascini il dibattito, è molto eccitante. Del resto già nell’immaginario dei futuri probabili cominciato con la grande scorpacciata di fantascienza del novecento, l’intelligenza artificiale era il grande protagonista implicito della narrazione. Dopodiché l’intelligenza umana è un pezzo importante, anche perché è da questa che nasce l’intelligenza artificiale. In questo numero ne parliamo approfonditamente.
Avete pubblicato un piccolo estratto di un libro di Massimo Durante su che cos’è il potere computazionale. L’autore spiega che mentre l’intelligenza di un computer è essenzialmente sintattica (cioè ragiona su schemi ripetitivi e su regole quantitative), la nostra intelligenza è semantica, serve a dare un significato. Questo la macchina non potrà mai farlo?
Questo è uno dei punti della discussione. Massimo Durante fa un esempio molto chiaro: quando noi giochiamo a scacchi con il computer, questo ragiona su schemi sintattici (un sistema di regole competitive), noi invece cerchiamo un significato, proviamo a dare un senso alla partita che stiamo giocando. In realtà, dunque, nonostante si stia giocando allo stesso gioco, si sta giocando a giochi diversi.
C’è un pezzo molto interessante di Ginevra Leganza sulla creatività. È la cosa che può davvero differenziarci dall’intelligenza artificiale?
La creatività è anche un po’ un mito. È vero che nella creatività c’è la “mossa bruciante”, quella manovra che permette all’uomo di andare dal punto A al punto B attraverso una scorciatoia e che viene dal colpo di fantasia. Noi però abbiamo trasformato la creatività in un idolo e certe volte ci scordiamo che in realtà la creatività, il talento, le doti naturali che nel senso comune consideriamo un pezzo fondamentale dell’intelligenza, non hanno alcun senso senza il lavoro. Naturalmente la nostra è una rivista, non è ovviamente un catalogo sistematico o uno studio sull’intelligenza umana ma si offrono spunti di discussione interessanti.
Esiste un’intelligenza dei mercati? La risposta a questa semplice domanda è necessariamente un po’ complessa. In estrema sintesi i mercati hanno a che fare con l’informazione più che con l’intelligenza
Egli è un creativo. Oppure: laboratorio di scrittura creativa. Accade spesso che delle parole più pronunciate non si conosca appieno il significato. Accade con le parole più importanti – bene, vero, giusto, bello: cosa vogliono dire? – e accade ancora con le parole più in voga
Ci sono aspetti molto umani nell’intelligenza artificiale. Ma non sono quelli ai quali in genere si pensa. Hanno a che fare con la replica della nostra vista, di gran lunga il successo più eclatante, e con pratiche antiche e parecchio analogiche tipiche del liberismo