06.09.2024 Romualdo Gianoli

Il mistero dei mari: l'Atlantico si raffredda e il Mediterraneo si riscalda, i possibili motivi

mare con onde color blu e verde

Una vasta regione dell’Oceano Atlantico vicino all’Equatore questa estate si è raffreddata a velocità record. Ora i valori di temperatura stanno tornando alla norma ma gli scienziati ancora non sanno spiegarsi l’accaduto. Intanto, in altre parti del mondo i mari stanno manifestando un comportamento opposto con un preoccupante riscaldamento. Il Mediterraneo, in particolare, sta battendo record su record, sperimentando un aumento delle temperature ancora più rapido rispetto alla media globale. Insomma, le complesse dinamiche marine e atmosferiche della Terra stanno evolvendo e prevedere quale direzione prenderanno o individuarne le cause, non è facile.

Per quanto riguarda l’Atlantico, l’anomala zona fredda si è misteriosamente formata all’inizio di giugno in un tratto di oceano che si estende per diversi gradi a nord e sud dell’Equatore e si è manifestata dopo una sequenza di mesi in cui le acque superficiali erano state le più calde da oltre quarant’anni a questa parte

Sebbene la temperatura delle acque in quella regione sia nota per oscillare tra fasi fredde e calde ogni pochi anni, la velocità con cui quest’estate è precipitata dal valore massimo a quello minimo è stata definita “senza precedenti” dagli scienziati dell’Università di Miami e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) che stanno studiando l’evento. 

Al momento non hanno una spiegazione certa, sicché i ricercatori si mantengono cauti parlando di “una caratteristica transitoria che si è sviluppata da processi che non comprendiamo del tutto”. Il punto non è tanto la temperatura minima superficiale toccata, circa 25°C, ma il fatto che sia stata raggiunta a fine luglio, dopo che le massime avevano superato i 30° a febbraio e marzo, facendone i mesi più caldi dal 1982. Ma ci sono anche altre incongruenze che hanno reso questo fenomeno a dir poco misterioso. In un primo momento, infatti le previsioni avevano indotto gli scienziati a pensare che l’evento di raffreddamento fosse sul punto di trasformarsi in una Niña atlantica, cioè un modello climatico regionale che tende ad aumentare le precipitazioni sull’Africa occidentale e a diminuirle nel nord-est del Brasile e nei paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea.

Mappa in cui viene illustrato il fenomeno della Nina atlantica
Area dell'Oceano Atlantico interessata dal raffreddamento

La Niña, assieme alla sua controparte El Niño, è solo la metà di un fenomeno ciclico naturale detto El Niño-Southern Oscillation (ENSO), durante il quale le temperature superficiali della zona centrale e orientale del Pacifico equatoriale oscillano tra valori più caldi (El Niño) e più freddi (La Niña) rispetto alla media. In spagnolo ‘El Niño’ vuol dire bambino e si riferisce a Gesù Bambino perché fu usato per la prima volta dai pescatori del Perù e dell’Ecuador per indicare la comparsa di acque oceaniche insolitamente calde intorno al periodo natalizio. El Niño e La Niña (che tende a durare di più rispetto a El Niño) generalmente si presentano a intervalli di tempo che vanno da due a sette anni con temperature degli oceani e precipitazioni che, tra un evento e l’altro, sono più vicini ai valori medi. In questi casi si parla di ‘fase neutra’.

Tornando alla regione fredda formatasi nel Pacifico equatoriale questa estate e alla sua misteriosa origine, il fenomeno de La Niña (che poteva esserne la causa e che non si verificava dal 2013) sarebbe stato dichiarato attivo solo se le temperature più fredde della media si fossero mantenute tali per tre mesi, cioè fino alla fine di agosto. Ma così non è stato perché la sacca d’acqua si è riscaldata ben prima. C’è, poi, un altro elemento che non torna.

Di solito le acque superficiali più fredde sono accompagnate da forti venti che spirano vicino all’Equatore e che sono tra le principali sorgenti delle Niñas perché spazzano via le acque superficiali calde, facendo salire in superficie quelle più fredde attraverso un processo noto come ‘risalita equatoriale’ (upwelling)

Inspiegabilmente, invece, in questo caso si sono manifestati venti più deboli che come ha dichiarato Michael McPhaden, senior scientist della NOAA che sta studiando il fenomeno, “stanno facendo l’opposto di quello che dovrebbero fare se fossero loro la causa del raffreddamento”.

Alla fine, con tutte queste incongruenze, è praticamente certo che l’evento non sarà classificato come Atlantic Niña e che “la spiegazione deve essere cercata altrove”, come sostiene sempre McPhaden, molto cauto anche nell’attribuire questo fenomeno senza precedenti al cambiamento climatico indotto dall’uomo: “Non posso escluderlo ma, a prima vista, questa è solo una variazione naturale del sistema climatico sull’Atlantico equatoriale”.

Se la presenza di questa sacca d’acqua inspiegabilmente fredda può rappresentare la classica eccezione che conferma la regola, quest’ultima purtroppo è che la temperatura delle acque superficiali in gran parte del mondo sta salendo a ritmi elevati. Un dato confermato dalle rilevazioni del sistema satellitare Copernicus (‘gli occhi dell’Europa sulla Terra’) che negli ultimi anni sta registrando un record dopo l’altro. In questo già preoccupante quadro, il Mediterraneo richiede particolare attenzione sia perché le sue dinamiche climatiche coinvolgono una grossa parte della popolazione europea (e noi italiani per primi), sia perché il Mediterraneo è una delle aree più vulnerabili ai cambiamenti climatici e mostra un riscaldamento ancora più rapido rispetto alla media globale. È per questo che in Italia, dal 2020, è stato avviato MACMAP (Multidisciplinary Analysis of Climate change indicators in the Mediterranean And Polar regions), un progetto di ricerca finanziato dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), condotto assieme all’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) con il supporto della Compagnia di navigazione Grandi Navi Veloci (GNV). 

L’obiettivo principale di MACMAP è studiare l’evoluzione del clima nella regione mediterranea e in quelle polari, attraverso l’analisi e l’integrazione di dati nuovi e già esistenti provenienti da modelli, osservazioni e informazioni storiche. Queste aree sono state scelte perché rappresentano, a livello globale, le zone di maggiore criticità proprio a causa della loro alta vulnerabilità al riscaldamento.

Al momento, tuttavia, non c’è una spiegazione certa del perché il Mediterraneo si stia riscaldando più velocemente di altre aree. Semmai solo indizi e ipotesi. Ad esempio, a livello globale l’anomalo riscaldamento delle acque sembra riconducibile principalmente ai cambiamenti climatici causati dall’incremento delle emissioni di gas serra che determinano un riscaldamento dell’atmosfera. Un’ipotesi è che nel bacino del Mediterraneo questo effetto potrebbe essere esaltato e amplificato dalla persistenza, per lunghi periodi, di condizioni di alta pressione con conseguenti ondate di calore che favoriscono un maggiore riscaldamento superficiale delle acque. Un altro fattore che viene preso in considerazione è il cambiamento delle correnti marine che può influenzare la distribuzione e l’accumulo di calore nelle acque del Mediterraneo, così come l’aumento della salinità e la riduzione della ventilazione delle acque profonde che potrebbero amplificare l’accumulo di calore. Infine, c’è il ruolo giocato dalle dinamiche atmosferiche e marine locali che, interagendo con i cambiamenti climatici su scala globale, possono contribuire a rendere il Mediterraneo particolarmente incline a riscaldarsi in maniera anomala.

Mappa che illustra il surriscaldamento del Mar Mediterraneo
Surriscaldamento del Mar Mediterraneo

Quello che è certo è che l’aumento delle temperature delle acque ha un impatto sugli ecosistemi marini e costieri con riduzione della biodiversità, proliferazione di specie aliene (pensiamo al Granchio Blu) e conseguenze sull’economia e sulla salute umana. Davanti a queste sfide l’unica possibilità è di continuare a studiare e raccogliere il maggior numero di dati, così da riuscire almeno a capire se è possibile contrastare il cambiamento in atto oppure se non ci resta altro che adattarci.

 

Credits copertina: Envato @from_withlove