19.06.2024 Elettra Giusti

Maturità, la ribelle Rita Levi Montalcini tra le tracce della prova di italiano 

tanti libri messi insieme aperti

Non aveva paura di sbagliare, Rita Levi Montalcini. Il suo libro autobiografico “Elogio dell’imperfezione” ragiona meravigliosamente sulla sua carriera di scienziata, sulle amicizie e i passatempi della donna torinese, indagando la natura umana per sottolineare una necessità in particolare, e cioè quella di accettare i nostri limiti e le nostre imperfezioni, quelle che magari per qualcuno sono errori, per riuscire a raggiungere la felicità e il successo.

È un brano tratto da questo libro ad aver offerto ai maturandi che il 19 giugno hanno sostenuto la prima prova d’esame l’opportunità di confrontarsi con temi universali e così pertinenti con la prova “di passaggio” per eccellenza, che segna la fine della giovinezza e l’ingresso nell’età adulta e responsabile: come trovare la propria strada, come capire le nostre inclinazioni? Accettando noi stessi, a costo di rompere le regole ma anche – soprattutto se per caso è verso le discipline STEM che ci orientiamo – ricordandoci che non è tanto l’intelligenza a sostenerci, quanto l’impegno costante. Il valore, insomma, sta tutto nella conoscenza, e nell’applicarla anche un po’ istintivamente, con gli occhi chiusi a quel che ci sta intorno. Scolpire il ruolo della conoscenza nella società sarà allora il nostro lavoro. “Né il grado di intelligenza né la capacità di eseguire e portare a termine con esattezza il compito intrapreso – scriveva nel suo libro riferendosi a sé stessa -, sono fattori essenziali per la riuscita e la soddisfazione personale. (…) Contano maggiormente la totale dedizione e il chiudere gli occhi davanti alle difficoltà: in tal modo possiamo affrontare problemi che altri, più critici e più acuti, non affronterebbero”.

studenti che scrivono su foglio per esame

Credits: Envato.com by YuriArcursPeopleimages

Lo sprezzo delle convenzioni si trova anche in comportamenti meno noti e meno lusinghieri della ricercatrice, che oggi possono farci sorridere. Come ha raccontato la nipote e medico Marta Levi Montalcini al giornale dell’Enpam, la cassa di previdenza dei medici e degli odontoiatri, zia Rita alla guida era davvero spericolata, al limite dell’irresponsabilità. Dopo aver (legalmente) comprato la patente negli Stati Uniti alla fine degli anni Quaranta, e aver imparato a guidare lanciandosi a tutta velocità su strade di campagna (con una macchina senza freni); la premio Nobel ha continuato a guidare in modo quantomeno criticabile anche in tempi più recenti, nel centro di Roma, e con a bordo – appunto – i nipotini. Siamo nel 1986 quando “la zia guidava a tutta velocità e poi imboccava i sottopassaggi del Muro Torto senza minimamente rallentare”. Non un esempio da seguire, in questo, ma la cifra di un carattere poco incline ai compromessi, poco interessato alla “perfezione”.

moto d'epoca manubrio con sfondo sfocato

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Ce la immaginiamo così spavalda senza difficoltà, la donna nota in tutto il mondo per le scoperte scientifiche e il suo impegno civile, arrivata dove è arrivata grazie a una determinazione che l’ha avuta vinta sulle regole, in primis sociali e familiari. “Avevo tre anni quando ho pensato: da grande non farò la vita che sta facendo mia madre”, scrisse.

A nove notava con entusiasmo le donne che potevano lavorare come sostitute degli uomini al fronte, nel 1918, e si impegnavano come bigliettaie sui tram: “Vedere le donne in divisa mi sembrava un successo formidabile”.

E lo era. Ma lo stampo vittoriano della sua famiglia spinse il padre a proibirle gli studi, perché la cosa mal si conciliava con il suo destino di madre e moglie. Ma fu lui a cedere di fronte alla sicurezza della bambina che, ancora tale, si diceva certa di non volersi sposare e che contro il volere del padre, alla fine, si iscrisse all’università. 

Per capire la straordinarietà di questa infrazione, certamente un grave errore per molti dei suoi contemporanei, basti considerare che, cercando oggi su Google il suo nome, una delle domande più frequenti che la riguarda è ancora: “Perché non si è mai sposata?” Ancora oggi quindi una donna che non si sposa ci fa strano, ci appare volontariamente mutilata. Immaginiamoci allora. Anche contro pregiudizi come questo lottava dunque, e lotta, l’"Elogio dell’imperfezione”, datato 1988, che invita ad accettare i nostri "limiti" e le "imperfezioni" - o le proprie "devianze" dalle regole sociali (e un po’ anche dalle regole e basta, compreso il Codice della strada) -, per vivere a pieno e il proprio personale successo.

 

Credits Copertina: foto di Patrick Tomasso su Unsplash