Scuole italiane e digitalizzazione: ancora molta strada da fare. Intervista a Salvatore Giuliano
Per avere una scuola al pari con i tempi bisogna rinnovare i metodi didattici e aumentare il coinvolgimento degli studenti per contrastare noia e abbandono scolastico
I dati raccolti dall’Osservatorio Scuola Digitale pubblicati dal MIUR hanno fatto emergere il quadro attuale della scuola italiana in fatto di infrastrutture tecnologiche, loro utilizzo e inserimento nella didattica quotidiana. L'immagine raffigurata non è confortante: i punti su cui investire risorse ed energie sono tanti e tutti cruciali.
Abbiamo così chiesto un parere a chi la scuola la vive tutti i giorni, come i dirigenti scolastici: Daniele Barca (leggi l'intervista qui) dell’Istituto Comprensivo 3 Modena Piersanti Mattarella e Salvatore Giuliano dell’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore Ettore Majorana di Brindisi.
Dirigente Giuliano, come valuta questi dati? Fotografano la realtà scolastica?
Sono dati inseriti dalle scuole, non c’è una valutazione o un’osservazione esterna. Li prendiamo per buoni. Il lavoro da fare per e nella scuola italiana è ancora tanto: alcuni dati sarebbero da rivedere, perché ad esempio se consideriamo il numero dei docenti che fanno formazione, il numero è considerevole, ma si tratta sempre degli stessi docenti. Oltre a questo, non c’è modo di sapere chi rinnova il proprio metodo didattico per renderlo moderno e capace di coinvolgere i ragazzi. Se chiedessimo agli studenti italiani qual è l’aspetto che maggiormente li preoccupa della scuola, direbbero che si annoiano. La noia porta poi all’insuccesso scolastico, all’ abbandono e alla dispersione. Quindi c’è ancora molto da fare.
Qual è la situazione del suo istituto rispetto questi dati?
È è oggettivamente buona: dal punto di vista dell’innovazione e dell’uso della tecnologia: ormai da anni abbiamo introdotto non più come sperimentazione, ma come sistema, nuovi ambienti e spazi. In più gli studenti hanno ciascuno il proprio dispositivo, che acquistano personalmente, evitando di comprare libri di testo: da quest’anno poi useranno solo libri digitali.
Negli istituti in cui vengono organizzati corsi rivolti a studenti o a docenti, la partecipazione è sempre scarsa. Perché, secondo lei, le STEM vengono percepite in questo modo?
Il problema è il coinvolgimento e quindi anche l’interesse. L’essere umano è tendenzialmente portato ad apprendere, ma se non si suscita curiosità, i ragazzi non partecipano. Non c’è bisogno di usare effetti speciali, si può fare lezione in maniera tradizionale, ma bisogna parlare direttamente agli studenti, entrare in sintonia con loro, a prescindere dall’utilizzo della tecnologia. Questa è una priorità.
Nel concreto, quali obiettivi si augura di raggiungere nel prossimo anno scolastico?
Sicuramente il concetto di benessere a scuola. Questo è l’obiettivo a cui dovremmo tendere tutti noi, cioè far star bene i ragazzi perché in qualunque ambiente, se ci si trova bene, allora si dà il massimo. Vorrei far diventare la mia scuola un punto di riferimento per i ragazzi che a quella età hanno tanto bisogno di essere coinvolti e indirizzati ed è questa la via che percorreremo.
Credits Copertina: Envato.com
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