31.05.2024 Bruno Paulillo

Il mantello di Harry Potter: prospettive e progressi nella ricerca dell’invisibilità ottica 

Le nanotecnologie consentono di raggiungere nuove ed inesplorate frontiere nella tecnica del camouflage tramite la manipolazione precisa ed efficiente della luce a livello nanometrico

Questo apre la strada a risultati straordinari e mai raggiunti prima nel campo della mimetizzazione adattiva nello spettro del visibile e dell’infrarosso. Tali tecnologie innovative permettono di replicare il funzionamento di particolari strutture biologiche presenti in natura, come quelle dei cefalopodi (per esempio il polpo o il calamaro). Analizzandone uno da vicino, non possiamo che rimanere impressionati dalle strutture chiamate “cromatofori” che ne caratterizzano l’epidermide. Con un complesso sistema di microattuazione meccanica innescato da impulsi nervosi, i cefalopodi riescono a colorarsi in modo da confondersi perfettamente con l’ambiente circostante.

Ispirandosi alla mimetizzazione cromatica presente in natura, la ricerca scientifica negli ultimi anni ha compiuto passi da gigante, estendendo il suo interesse principalmente al campo della tridimensionalità. L’occhio umano, infatti, è in grado di percepire anche minime disomogeneità all’interno di uno scenario. Per questo motivo, la semplice riproduzione di forme e colori non è sufficiente a garantire un camouflage efficace, in quanto non tiene conto della profondità di campo. Inoltre, la sempre maggior diffusione di sistemi di visione termica rende particolarmente utili materiali dotati di proprietà “mimetiche” che estendono la loro efficacia non solo nella gamma del visibile, ma soprattutto nella banda spettrale dell’infrarosso.

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Nell’ambito delle attività di ricerca condotte nei Leonardo Labs in collaborazione con la Divisione Elettronica, si sta studiando un sistema che funzioni come la pelle dei cefalopodi citata in precedenza, ma alle lunghezze d'onda dell'infrarosso. Parliamo di rivestimenti adattivi che siano in grado di modulare dinamicamente la radiazione termica emessa da una superfice, cioè di passare da uno stato di bassa emissività ad uno stato di alta emissività mediante un opportuno stimolo esterno. Come possiamo fare questo? La scienza dei materiali lo rende possibile grazie ai materiali cromogenici. Questi materiali speciali sfruttano stimoli esterni come la luce, il calore o un campo elettrico per modificare le proprie proprietà ottiche, in questo caso l’emissività o assorbanza nell’infrarosso. In parole semplici, possono “accendersi” e “spegnersi” a comando. Un esempio calzante sono le lenti fotocromatiche degli occhiali da sole, che si scuriscono automaticamente alla luce solare per proteggere gli occhi.

I materiali elettrocromici sono invece capaci di cambiare colore in risposta a stimoli elettrici e necessitano di un basso voltaggio per attivarsi. Alcuni materiali ultrasottili, come il grafene, sono in grado di offrire delle sorprendenti proprietà di elettrocromia nell’infrarosso.

polpo barriera corallina cambio pelle

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Questo tipo di materiali possono essere inglobati in un dispositivo a tre strati, noto tipicamente come cella elettrocromica: il primo strato “attivo” (che può essere appunto un film composto da grafene o materiali affini) è attivato da un elettrolita contenuto nella membrana porosa centrale costituente lo strato mediano della cella, mentre l’ultimo strato è un elettrodo a cui viene applicata la tensione.

In funzione della tensione applicata (tipicamente di pochi Volt), la parte attiva del dispositivo osservata da una camera termica, riesce a cambiare la sua temperatura apparente e arrivare a un punto in cui assume la colorazione dello sfondo, nascondendo i dettagli termici di ciò che si trova alle sue spalle. Il risultato? L’effetto “pelle di polpo” artificiale nell’infrarosso.

È possibile poi sviluppare un “mantello” che garantisca la vera invisibilità come ci ha ispirato la celebre saga di Harry Potter? Intanto bisogna chiedersi qual è il ruolo e la funzione che dovrebbe avere, tenendo conto della discriminante “luce diurna”. Un vero mantello dell’invisibilità dovrebbe essere in grado di deviare i raggi luminosi in maniera tale che essi raggiungano l’osservatore, come se non avessero interagito con l’oggetto da nascondere. In altre parole, il mantello dovrebbe “piegare” la luce attorno all’oggetto, facendo in modo che i fronti d’onda (le superfici che definiscono la fase dell’onda in un dato istante) arrivino all’occhio dell’osservatore come se provenissero direttamente dalla sorgente luminosa, senza alcuna traccia del passaggio dell’oggetto.

Esistono altri materiali che vanno nella direzione dell’invisibilità, ad esempio i materiali lenticolari: strutture plastiche composte da microlenti progettate su concetti di ottica geometrica. Un altro esempio sono i metamateriali, costituiti da unità molto più piccole della lunghezza d’onda, chiamati metatomi, che possono essere strutturati e ingegnerizzati per ottenere degli effetti inusuali come la rifrazione negativa.

In conclusione, è opportuno sapere che queste tecnologie sono intrinsecamente dual use; molti di questi materiali nati in ambienti di ricerca militare, sono stati proposti per applicazioni puramente civili - in tema di sostenibilità e cambio climatico - come, ad esempio, i rivestimenti intelligenti (smart coatings) per efficientare gli edifici e regolare le emissioni termiche. Si immagini di ricoprire un palazzo con questo tipo di materiali per trattenere maggiormente il calore d’inverno ed espellerlo in maniera efficiente d’estate.

 

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