Oltre la velocità della luce, test dimostra il motore a curvatura 

Tutto comincia con Einstein. E con il capitano Picard di Star Trek, ovviamente.
Con le sue teorie della relatività (speciale e generale) Einstein ci ha svelato che niente può spostarsi più velocemente della luce nel vuoto, circa 300.000 chilometri al secondo

Una velocità altissima e tuttavia insufficiente per viaggiare davvero nello spazio, a causa delle incredibili distanze da coprire. Basti pensare che un raggio di luce impiega più di quattro anni per raggiungere Proxima Centauri, la stella più vicina alla Terra. E se questo vale per la luce, che speranze abbiamo noi con i nostri rudimentali sistemi di propulsione? Per non parlare, poi, degli altri «piccoli» dettagli che impediscono di raggiungere la velocità della luce, tipo il fatto che una particella può farlo solo se ha massa praticamente nulla (almeno nel nostro universo quadridimensionale) e che qualsiasi veicolo spaziale che si avvicinasse a quella velocità vedrebbe il suo tempo scorrere più lentamente rispetto a quello sulla Terra, proprio come accade al protagonista di Interstellar che torna a casa e trova la figlia, lasciata bambina, diventata ormai vecchia.
 

Einstein, dunque, ci ha messi difronte a un limite che ci impedisce di diventare esploratori dell’universo. 

Però ci ha anche dato una possibilità, rivelandoci che le tre dimensioni dello spazio fisico sono tutt’uno con la quarta, il tempo, e che insieme costituiscono una sorta di tessuto spazio-temporale. Un tessuto che viene deformato, piegato, da ogni massa presente e in misura tanto maggiore quanto più essa è grande. Un po’ come accade quando si appoggia un oggetto pesante su una tovaglia sospesa ai quattro spigoli, un paragone che a qualcuno ha fatto venire in mente un’opportunità, perché la «tovaglia» può essere curvata a qualsiasi velocità. Ed è qui che entra in scena il capitano Picard.

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Due fisici e un capitano

Nel 1994 un giovane messicano, appassionato di Star Trek come tanti altri nel mondo, aspetta con ansia davanti alla tv che il capitano dell’USS Enterprise, Jean-Luc Picard, pronunci il suo famoso ordine: «Maximum warp, engage!». E come tanti altri, anche questo giovane si ritrova a fantasticare su come realizzare davvero un motore a curvatura. Ma se per gli altri tutto finisce qui, per Miguel Alcubierre non è così. Sarà perché lui è un fisico teorico, sarà che nella sua tesi di dottorato sta lavorando anche sulla relatività, fatto sta che non riesce a smettere di pensare a quel maledetto limite della velocità della luce. E a furia di pensarci, a un certo punto, tra le pieghe della teoria di Einstein, intravede un modo tanto logico quanto «semplice» per aggirare l’ostacolo. 

Se una qualunque massa è in grado di curvare lo spazio-tempo attorno a essa, allora può farlo anche un’astronave. Anzi, se riuscisse a curvarlo tanto da avvicinare fra loro due punti anche molto distanti, potrebbe spostarsi a qualunque velocità da uno all’altro.

Insomma, l’idea di Alcubierre è che contraendo lo spazio-tempo davanti a un’astronave e contemporaneamente espandendolo dietro, essa rimarrebbe racchiusa in una specie di «bolla» e potrebbe muoversi alla velocità della luce o anche maggiore (superluminale). In una conferenza del 2017 Alcubierre spiegò la sua idea usando l’immagine di una persona su un nastro trasportatore all’aeroporto: «Puoi immaginare che il pavimento dietro di te venga creato dal nulla e di fronte a te venga distrutto, quindi ti muovi». Alcubierre aveva dunque trovato il modo di realizzare un motore a curvatura? Di creare un warp-drive in stile Star Trek? Non proprio, perché i vincoli imposti dalla relatività portano a strane conseguenze che ne impediscono la realizzazione pratica.

Prima di tutto, per deformare lo spazio-tempo in modo così drastico si dovrebbe concentrare un’enorme massa in una «bolla» che per mantenersi integra avrebbe bisogno di due forme di materia. La gravità della massa ordinaria farebbe contrarre lo spazio-tempo davanti alla bolla, mentre dietro dovrebbe espandersi e Alcubierre conclude che per avere questa espansione occorrerebbe una qualche forma di «energia negativa» che producesse antigravità. Insomma, qualcosa di irrealizzabile che ci riporta di nuovo a un punto morto, perché nonostante l’idea di Alcubierre abbia aperto un discreto dibattito scientifico, tutto si è sempre fermato davanti a questi concetti di fisica «esotica». Questo almeno fin quando Erik Lentz, un altro fisico anch’egli appassionato di Star Trek e con un dottorato in materia oscura, non si mette a riflettere in maniera nuova sull’idea di Alcubierre durante il lockdown per il COVID-19. Dopo un po’ Lentz nota qualcosa che sembrava essere sfuggita a tutti gli altri, compreso Alcubierre e decide di approfondire. Il risultato è un articolo che viene pubblicato circa un anno dopo, nel 2021, sulla rivista Classical and Quantum Gravity.

Di fatto, Lentz si era messo a «giocare» con le complicate equazioni di campo della relatività di Einstein facendo, però, qualcosa di nuovo rispetto agli altri. Sfrutta la possibilità offerta dalle equazioni di prendere in considerazione solo alcuni termini a seconda delle ipotesi fatte su una particolare situazione fisica e ottiene una configurazione della «bolla di curvatura» diversa da quella di Alcubierre. È vero che richiede ancora enormi quantità di massa ed energia, ma questa volta si tratta solo di «normale» energia, quella che conosciamo e con la quale siamo abituati a lavorare. In pratica la soluzione di Lentz (che lo stesso Alcubierre definisce «uno sviluppo molto importante») spazza via l’ostacolo posto dalla necessità di usare la «strana» energia negativa, riportando il tutto nei confini della fisica nota e consolidata. Dopo Lentz anche altri hanno esplorato la sua strada, confermandone la validità. Il resto è storia di questi ultimi mesi.

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Un test di realtà

Agli inizi di aprile 2024 Applied Physics, un gruppo internazionale di scienziati, annuncia l’apertura di Warp Factory, una piattaforma software disponibile su GitHub, creata proprio per permettere a fisici e ingegneri di verificare la fattibilità di concetti di warp-drive. Se, infatti, Alcubierre e Lentz hanno aperto la strada con la teoria, le sfide da affrontare per trasformarla nella realtà del viaggio a curvatura sono tutt’altra cosa. Quello che serve è un «test di realtà» e per chi lo supererà c’è in ballo un finanziamento da mezzo milione di dollari. Come ha dichiarato Gianni Martire, CEO di Applied Physics: «Ora i fisici possono generare e perfezionare una serie di modelli di warp-drive con pochi clic, permettendoci di far progredire la scienza alla velocità della luce. Warp Factory è come una galleria del vento virtuale che ci consente di testare e valutare diverse soluzioni di warp-drive. Insomma, la fantascienza si sta avvicinando alla vera scienza».

Essendo Applied Physics una Public Benefit Company, il finanziamento è vincolato a un requisito ben preciso: che la soluzione proposta non faccia ricorso a concetti esotici come l’energia «negativa» o la materia «superluminale», ma sia basata solo sulla fisica «normale». È in questo senso che Warp Factory funziona da test di realtà, per eliminare a monte quei progetti di warp-drive che non avrebbero alcuna possibilità di essere realizzati nel mondo reale. Un test che a poche settimane dal lancio della piattaforma ha già dato un primo, storico, risultato. Uno studio pubblicato il 29 aprile sulla rivista Classical and Quantum Gravity mostra, infatti, un concept di warp-drive (prodotto usando Warp Factory) che per la prima volta in assoluto funziona entro i confini della fisica nota. Come spiegano gli autori, questa soluzione utilizza un sofisticato mix di tecniche gravitazionali tradizionali e nuove per creare 

una bolla di curvatura che può trasportare oggetti ad alta velocità (anche se non ancora quella della luce) 

e che funziona in maniera coerente con le soluzioni teoriche proposte, compresa quella di Alcubierre. È una configurazione nota come «Constant-Velocity Subluminal Warp-Drive» e questo studio, come ha dichiarato il suo autore principale Jared Fuchs, «cambia tutta la discussione sui warp-drive, dimostrando che potrebbero non rimanere relegati alla fantascienza». Insomma, sembra l’auspicio che prima o poi qualcuno possa davvero ritrovarsi a pronunciare il comando del capitano Picard: «Maximum warp, engage»!

 

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