24.06.2024 Matteo Marini

Brina, acqua e ghiaccio su Marte. Risorsa per futuri esploratori

porzione rettangolare della superficie di Marte, evidenziando il terreno in cima a Olympus Mons, il vulcano più alto del sistema solare.

Dall’alba della nostra specie, migranti ed esploratori di nuove terre hanno sempre cercato l’acqua. Anche sulla superficie di altri mondi sarà così. Su Marte, in diversi punti, le sonde spaziali hanno trovato ghiaccio d’acqua e laghi sotterranei. Saranno l’oro della nuova frontiera del XXI secolo, anche sulla Luna

Circa tre anni fa, agli studenti del corso Human Spaceflight al Kth Royal Institute of Technology di Stoccolma, è stato assegnato il compito di organizzare una spedizione fino alla sommità del monte più alto del Sistema solare. Che non è l’Everest, e al cui confronto il tetto del nostro mondo è qualcosa più che una collinetta. L’Olympus mons è un vulcano che svetta su Marte e, complice il fatto che sul Pianeta rosso non esiste un livello del mare a ‘tagliare’ le quote, la sua altezza arriva a quasi 22 chilometri. La simulazione era ambientata nel 2038 con requisiti precisi, niente velivoli oltre i 10 chilometri di quota e niente veicoli, quindi a piedi, per gli ultimi 1.000 metri di salita.

Nel 2021, per programmare l’impresa, magari avrebbe fatto qualche differenza conoscere un’informazione ora nota: sulla sommità dell’Olympus mons e di alcuni altri vulcani della stessa regione (Tharsis region), c’è anche acqua. Niente limpide sorgenti, si tratta infatti di un sottile strato di brina che si forma durante le prime ore del giorno, proprio come sui campi coltivati in aperta campagna sulla Terra, ma per gli scienziati si tratta di una sorpresa. È la prima volta, infatti, che viene individuato suolo ghiacciato a latitudini così vicine all’Equatore: a causa delle temperature e della pressione così bassa, la formazione di ghiaccio a queste latitudini non era considerata possibile.

immagine dall'alto monte olimpo marte colore arancione con ghiaccio

Visione dell’Olympus Mons e la caldera con tracce di ghiaccio - Credits: ESA/DLR/FU Berlin

"Il mix di sole e atmosfera sottile mantiene le temperature relativamente alte sia in superficie che in cima alle montagne, a differenza di quanto vediamo sulla Terra, dove ci si potrebbe aspettare di vedere picchi ghiacciati", spiega Adomas Valantinas, autore principale dello studio pubblicato su Nature Geoscience, come dottorando presso l'Università di Berna, in Svizzera, e ora è ricercatore post-dottorato presso la Brown University, negli Stati Uniti. Il ghiaccio si forma d’inverno in prossimità dell’alba, le correnti salgono sulla sommità portando aria umida che condensa in brina, che poi evapora alla luce del Sole. È sottile come un capello ma si estende per un’area piuttosto vasta, tanto da assommare 150 mila tonnellate di acqua, sufficienti a riempire 60 piscine olimpioniche.

Ghiaccio, acqua e vita

Lo sappiamo grazie ai satelliti europei che orbitano attorno a Marte e che da anni scrutano dall’alto superficie e sottosuolo per mappare il Pianeta rosso a caccia, soprattutto, di acqua e ghiaccio. I motivi sono diversi: conoscenza, certamente, di un Pianeta che qualche miliardo di anni fa doveva essere molto più simile alla Terra rispetto al freddo e inospitale deserto che è ora; e allora si cerca di trovare posti interessanti dove possano essere rimaste tracce fossili di qualche forma biologica (molto più probabile in presenza di acqua) che abitava qui nel remoto passato, o magari chissà, sotto il suolo, che ancora vive; infine, non meno interessante, per individuare risorse da sfruttare in futuro quando saremo pronti a inviare esploratori e coloni.

imgaine grigia blu dello strato ghiaccio individuato su marte

Lo strato ghiacciato individuato dalla sonda Mars Express con la camera Cassis, realizzata dall'Agenzia Spaziale Italiana in collaborazione con Leonardo, che ha fornito il cuore optronico dello strumento - Credits: ESA/TGO/CaSSIS

Si chiama in situ resource utilization, è un approccio nuovo per lo spazio ma comune nelle imprese di esplorazione terrestri: utilizzare le risorse che si trovano nei luoghi da esplorare per non aggravare lo sforzo economico e di energia per portarsele da casa. E nello spazio, si sa, ogni chilo e ogni centimetro cubo sono preziosi. Se si vuole immaginare quindi di popolare, un giorno, le lande desolate del Pianeta rosso, avere acqua disponibile già sul posto sarà di grande aiuto.

Un tempo, l’acqua su Marte scorreva in superficie, formando fiumi, laghi, e mari. Ora, bisogna trovare il punto in cui scavare.

Come rabdomanti, gli strumenti a bordo delle sonde dell’Agenzia spaziale europea battono la superficie in luce visibile, ultravioletto e infrarosso, con spettrometri ne analizzano la composizione, e come un eco-doppler saggiano, attraverso lo strumento radar, ciò che si nasconde sotto la superficie. Mars Express, in orbita attorno a Marte ormai da oltre 20 anni (è la seconda in attività più longeva attorno a un pianeta che non sia la Terra dopo Mars Odyssey della Nasa) e Trace gas orbiter (Tgo), il satellite del programma Exomars, hanno già permesso grandi scoperte.

Laghi e riserve di ghiaccio sotterranee

Su Marte l’acqua bolle a zero gradi. Non è uno scherzo, ma la conseguenza della bassissima pressione atmosferica. Sulla Terra accade a 100 gradi al livello del mare, se si sale sul monte Everest, dove la pressione è oltre più di un terzo inferiore, la temperatura di ebollizione è di 60 gradi. Marte ha un’atmosfera molto rarefatta con una pressione pari a meno di un centesimo di quella terrestre. Se sale in superficie, dunque, nei periodi più caldi, l’acqua tende a “bollire” ed evaporare istantaneamente. Meglio cercarla da qualche altra parte.

foto bianco e nero scattata dallo strumento marsis della sonda mars express

L’immagine radar ottenuta con lo strumento Marsis della sonda Mars Express nel 2018, i dati mostrano la presenza di un bacino di acqua liquida nel sottosuolo - Credits: ESA/NASA/JPL/ASI/Univ. Rome; R. Orosei et al 2018

Nel 2018 la prima grande scoperta è stata fatta proprio grazie a Mars Express. Un team di ricercatori italiani ha scovato laghi sotterranei di acqua liquida nei pressi del Polo nord marziano, un chilometro e mezzo sotto la calotta di anidride carbonica congelata. Nel 2020 ecco altri tre bacini, nella stessa regione, dei quali il più grande misurerebbe 20 per 30 chilometri. Di recente, a gennaio 2024, sempre Mars Express, col suo radar (Marsis) realizzato da Alenia Spazio, oggi Thales Alenia Space, joint venture tra Thales 67% e Leonardo 33%) ha riportato un segnale molto interessante, questa volta dalla zona equatoriale.

Potrebbe esserci un’enorme riserva di ghiaccio sepolto, spessa chilometri, tanto che, se sciolta, potrebbe sommergere l’intero Pianeta sotto uno o due metri di acqua.

Nel 2021, Tgo ha fatto un’altra sensazionale scoperta: con lo strumento per il rilevamento dell’idrogeno, ha scoperto grandi quantità di acqua addirittura meno di un metro sotto la superficie del “Grand canyon” di Marte, Valles Marineris. Un indizio importante perché fino a quel momento le riserve di acqua o ghiaccio scoperte erano irraggiungibili senza sistemi avanzati di perforazione, a profondità di chilometri nel sottosuolo. Una sfida tecnologica che ci aspetta nei prossimi decenni.

veduta gran canyon marziano in 3 d

Veduta del “Grand Canyon” marziano Valles Marineris - Credits: ESA/DLR/FU Berlin (G. Neukum)

Il contributo italiano, in particolare di Leonardo e di Thales, a queste scoperte è di grande importanza. Thales è prime contractor di Exomars, Leonardo ha fornito componenti per la camera ad alta risoluzione Cassis. 

Mentre vengono dallo stabilimento di Campi Bisenzio, vicino a Firenze, anche i sensori che hanno guidato Mars Express verso il Pianeta Rosso e che contribuiscono a mantenerne il corretto orientamento.

Acqua, aria energia

Le grandi città dalla storia millenaria sono quasi tutte costruite nei pressi di fiumi. Per i pionieri e gli esploratori dall’alba fino all’epoca moderna l’acqua era il primo requisito per fermarsi e costruire un insediamento. Sulla Terra però l’acqua è relativamente facile da trovare, da sorgenti e fiumi, nelle falde sotterranee. Non è un caso che la nostra specie si sia evoluta qui. L’acqua trovata su altri mondi invece è rarissima e molto più difficile da raggiungere. E ha un valore che, per noi, va oltre il bisogno primario di dissetarsi. Idrogeno e ossigeno, scissi con un procedimento ben collaudato, l’elettrolisi, possono diventare aria da respirare (l’ossigeno) ma soprattutto carburante per produrre energia da usare per le esigenze dell’insediamento, per alimentare i mezzi per spostarsi e viaggiare nello spazio (molti motori di razzi usano proprio questi due elementi per produrre la grande spinta necessaria per vincere la forza di gravità terrestre).

luna con crateri e tracce d'acqua

Distribuzione del ghiaccio superficiale al polo sud (sinistra) e al polo nord (destra) della Luna, rilevata dallo strumento Moon mineralogy mapper della Nasa - Credits: Nasa

Sulla Luna è proprio il ghiaccio d’acqua ciò che si cerca per primo e la regione scelta per i primi insediamenti sarà quella del polo sud, dove se ne trova, pare, in abbondanza, nelle zone perennemente in ombra sul fondo di molti crateri. La Toyota sta sviluppando per la Nasa e il programma Artemis, un land cruiser lunare a celle di idrogeno, si ipotizza addirittura che, in futuro, possa essere proprio il nostro satellite naturale una “stazione di servizio” sulla quale produrre carburante e dalla quale decollare: data la minore attrazione gravitazionale rispetto alla Terra, servirebbe anche meno energia.

In una serie tv di qualche anno fa, Mars, prodotta dalla National Geographic, all’arrivo dei primini astronauti sul Pianeta segue l’approdo della una squadra di una compagnia mineraria (la Lukrum), che inizia a perforare alla ricerca proprio di acqua. Ed è a causa delle attività estrattive e della ricerca del profitto che iniziano i problemi. Quella che era la corsa all’oro dei pionieri, 150 anni fa, nella nuova frontiera spaziale sarà la corsa al ghiaccio e all’acqua.

 

Credits Copertina: ESA/TGO/CaSSIS